FISASCAT CISL VARI: “SALARIO MINIMO SÌ, NO, PERCHÉ?”
E’ NECESSARIO DARE FORZA AD UN MONDO DEL LAVORO CHE MUOVE UN IMPORTANTE SISTEMA PRODUTTIVO, COME QUELLO DEL TERZIARIO E SERVIZI
Quante volte i lavoratori occupati nei settori del terziario e servizi hanno espresso le difficoltà insite nel lavoro o semplicemente parlando del loro salario, spesso minimo per sopravvivere, hanno acceso un faro sul tema drammatico, quale il lavoro povero. Quante volte viene detto “7 euro l’ora, una miseria!”
“Salario minimo Si, No, Perché?” è il seminario organizzato dalla Fisascat Cisl Bari nel capoluogo pugliese, per orientarsi nelle politiche di tutela. All’incontro sono intervenuti:
Miriam Ruta segretario generale Fisascat Cisl Bari , Luigi Spinzi segretario generale Fisascat Cisl Puglia ; Vincenzo Bavaro professore ordinario di Diritto del lavoro Università di Bari; Marco Lai professore a contratto di Diritto del lavoro Università di Firenze; Antonio Castellucci segretario generale Cisl Puglia; Giuseppe Boccuzzi segretario generale Cisl Bari , e numerosi parlamentari e candidati alle Politiche 2022.
Il salario minimo di cui si è parlato vuole essere utile per quella gran parte dei lavoratori ai quali manca, quello che si potrebbe definire come una sorta di paracadute che ponga rimedio a quelle retribuzioni che non garantiscono nemmeno quei mini costituzionali prima, ed etici poi, in quanto se vi è un’etica del lavoro il cd Skills to Skills tipico di chi deve assumere il personale, cercandolo tra quanti siano determinati e disposti a raggiungere gli obiettivi dettati dal datore di lavoro, associati al suo ruolo, allora a questa si deve affiancare anche un’etica del salario ossia del dovere morale di non mortificare il lavoratore con salari inadeguati al ruolo e all’impiego che questi ci mette nel raggiungere gli obiettivi datoriali nel rispetto dei principi di equità..
Il salario minimo di cui si discute in italia è già presente in ben 21 stati su 27 dell’unione europea.
“Il tema del Salario minimo – spiega Miriam Ruta Segretaria generale Fisascat Cisl Bari – è al centro del dibattito politico e interessa i lavoratori dei settori che rappresentiamo, servizi e terziario. Lavoratori che prevalentemente svolgono lavoro povero. Il lavoro povero dei nostri lavoratori parla di flessibilità, part time, precariato, flessibilità imposte. Riteniamo che ci sia difesa contrattuale oltre che salario minimo. La difesa contrattuale è necessaria per le difese di un settore come quello del terziario rappresentato purtroppo da tanto precariato contrattuale. Stiamo vivendo un momento difficilissimo e le forze politiche devono prendere degli impegni veri nei confronti dei lavoratori, delle imprese e della società. Noi vogliamo dare forza ad un mondo del lavoro che muove un importante sistema produttivo.
“Ci auguriamo – aggiunge Giuseppe Boccuzzi Segretario generale CISL Bari – che questa questione che sta diventando una bandiera ideologica delle varie campagne elettorali, ma che non darebbe la soluzione efficace che i lavoratori possono ricevere, possa trovare la sua realizzazione in altre misure per il lavoro povero. Il part time involontario è una frontiera da abbattere perché è una misura che sta deteriorando le condizioni economiche dei lavoratori, l’intervento del legislatore sarebbe più auspicabile verso la pressione fiscale, sui salari, interventi su forme di detassazione, sui rinnovi contrattuali welfare contrattuale, tutte queste sono misure che darebbero subito un impatto positivo alle retribuzioni dei lavoratori. Il salario minimo sarebbe invece un cavallo di Troia.”
Le condizioni di povertà, in Italia, hanno raggiunto picchi drammatici: tra le numerosissime case complesse e interconnesse tra loro, rientrano anche sicuramente la precarietà del mercato del lavoro, i contratti in nero e la troppo frequente assenza di garanzie e tutele del lavoratore negli accordi presi tra datore di lavoro e dipendente. Tanti, negli anni, sono stati i tentativi di migliorare questa condizione italiana: una delle ultime misure prese in considerazione d è quella del salario minimo, ossia un valore minimo (in termini retributivi) sotto al quale nessun datore di lavoro può scendere per pagare i propri dipendenti. In Italia esistono già delle soglie minime, ma queste non coprono tutte le categorie professionali e, per alcuni, non rispettano neanche l’aumento del costo della vita.
Parlando di salario minimo cioè di quella soglia fissata da ciascuno Stato sovrano, al di sotto della quale i datori di lavoro non potranno scendere per il pagamento delle prestazioni lavorative, nel nostro paese sono i contratti collettivi che prevedono quel salario minimo, che soddisfi i requisiti previsti dall’articolo 36 della Costituzione, secondo il quale la retribuzione deve essere: proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’ esistenza libera e dignitosa.
“Più che di salario minimo, – dice Marco Lai professore a contratto di Diritto del lavoro Università di Firenze– si deve parlare di giusta retribuzione, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. La soluzione più efficace è estendere il ruolo della contrattazione collettiva e verificarne l’effettiva applicazione, tramite un rafforzamento del ruolo delle parti sociali nella determinazione del salario.”
“Noi siamo da sempre impegnati affinchè i salari siano dignitosi- conclude Antonio Castellucci Segretario regionale della CISL Puglia – ma soprattutto perché ci sia dignità della persona, su questo siamo convinti che la via maestra sia la contrattazione fra le parti, che può riuscire a migliorare le situazioni più critiche. Certo bisogna portare più retribuzione in tasca ai lavoratori. Il Segretario generale Luigi Sbarra in questi giorni sta portando avanti una serie di questioni attraverso un programma in 12 punti per rilanciare lavoro e coesione, investimenti e produttività, inclusione e politiche sociali, contrattazione e partecipazione”.
redazione