A Giovinazzo le Giornate FAI di Primavera XXV edizione

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A 25 anni dall’ istituzione della campagna nazionale del FAI di sensibilizzazione e di raccolta pubblica di fondi che ricorre nel primo weekend di Primavera, quest’ anno il 25 e 26 marzo, e a distanza di due anni dalla nostra prima iniziativa in cui si è costituito un gruppo FAI a Giovinazzo, si è dato riscontro a due immobili apparentemente distanti e differenti tra di loro, uno all’ interno del perimetro urbano, fondato nel 1704, l’ ex Convento di San Domenico poi divenuto Reale Ospizio, in seguito alla soppressione dell’ ordine dei domenicani, oggi più noto come Istituto Vittorio Emanuele II, con l’annessa chiesa di San Domenico; l’altro fuori dal perimetro urbano, edificato nella seconda metà del Trecento che è il casale fortificato noto comeTorre Rufolo.

 “Entrambi i luoghi – spiega l’ architetto Michele Camporeale, coordinatore del gruppo di volontari –  al di là della loro bellezza sul piano artistico ed architettonico, sono luoghi di testimonianza civile e materiale importante per il territorio di Giovinazzo. Il primo a forte vocazione culturale, il secondo legato alla cultura materiale della produzione dell’ olio.

Il titolo di questa iniziativa,“Dal recupero al riuso”, accentua un aspetto: abbiamo messo in evidenza la necessità di avviare, o completare, il recupero di questi due spazi importanti per la città. Per il Vittorio Emanuele il restauro è ancora tutto da definire, anche a causa della dimensione della fabbrica che richiede risorse ed una progettualità complessa e dilatata nel tempo; per quel che riguarda il Fabbricato di Rufolo, dal 1957 con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione viene dichiarato di interesse pubblico e culturale (ai sensi della Legge n. 1089/39) in quanto espressione di Arte Medioevale. Il complesso fortificato è pervenuto alla proprietà del Pubblico Demanio negli anni ’70, il quale ne ha avviato un brillante recupero per la realizzazione di un Museo della civiltà dell’ olio per la divulgazione e promozione della tradizionale attività pugliese dell’industria olearia.

Il complesso monumentale Rufolo è costituito da una serie di fabbriche e recinti rigorosamente costruiti con pietra calcarea locale, che occupano una superficie di circa 1 ettaro, appena fuori la cittadina di Giovinazzo. Dal punto di vista architettonico si prefigura come una masseria fortificata cintata da mura, con torri angolari a due piani ed una serie di costruzioni a piano terra, alcune delle quali con copertura a chiancarella, risalenti per tecnica di costruzione all’età sveva e protoangioina. Dal punto di vista dell’economia agraria può essere assimilato ad una prima forma di produzione preindustriale dell’olio, nella rappresentazione del trappeto di campagna distinto da quello urbano: esso era generalmente disposto a pianta rettangolare, ricoperto da poderose lamie con copertura a chiancarella. I visitatori potranno ammirare la grande vasca di raccolta dell’olio, con i torchi, mentre sulle pareti laterali erano posizionati i fuochi, i pozzetti, i separatori e le posture. Sono visibili e ben conservate cisterne di ammasso e selezione delle olive, macine in pietra, vasche ed alloggiamenti di macchine da pressa, canali di convogliamento dell’olio, cisterne di raccolta e spillaggi, nonché un affresco di matrice neobizantina raffigurante tre santi.

La realizzazione del casale non è scindibile dalla storia della produzione dell’olio in Terra di Bari: le fonti medioevali attestano tra l’XI ed il XII secolo la presenza di uliveti nelle contrade rurali di Bitonto, Molfetta, Giovinazzo e Monopoli lungo la fascia costiera, e a Carbonara, Balsignano e Modugno, fino alle pendici delle Murge, nell’hinterland barese. In questo periodo storico in Terra di Bari l’olivicoltura assunse importanza tale da determinare i caratteri distintivi della civiltà contadina: grazie ai proventi derivanti dal commercio dell’olio numerosi centri, tra cui Giovinazzo e Bitonto, acquisirono grande importanza. Qui si stabilirono importanti famiglie di amalfitani, ravellesi e sorrentini: Labini, Bove e Rogadeo a Bitonto, e i Rufolo a Giovinazzo. Anche grazie all’intervento delle famiglie indicate, il paesaggio agrario di questa zona si popolò nel periodo normanno di strutture fortificate che rispondevano non solo ad esigenze di difesa, ma costituivano con i centri urbani costieri e gli insediamenti rurali, un sistema integrato di organizzazione del territorio. In questo percorso Torre Rufolo rappresenta una buona testimonianza.

Attualmente è gestito in convenzione con il Demanio dal Consorzio di produttori denominato Oliveti d’ Italia, associato ad Assoproli, con loscopo preminente della valorizzazione delle produzioni olivicole di qualità. Il Consorzio ha gestito il recupero, non del tutto completato, finalizzato a creare un centro di animazione territoriale per la diffusione della cultura alimentare, commerciale, artistica, artigianale e turistica della Terra di Bari, con al centro l’olivicoltura.

L’ iniziativa di sabato e domenica parte da una considerazione: una comunità non ha futuro se non recupera la sua memoria. È questo il senso che cercheremo di trasmettere ai visitatori. Il loro incedere su immobili così carichi di testimonianze artistiche e culturali rimanda per forza di cose ai loro autori. Si crea una sorta di connessione sentimentale con quello che ha rappresentato e con il suo valore contemporaneo.

Ecco perché è fondamentale che  la comunità se ne riappropri anche attraverso un dibattito che ponga al centro il loro ruolo nella contemporaneità. All’ interno del percorso nel Vittorio Emanuele, di proprietà della Città Metropolitana di Bari, i visitatori saranno forniti di un breve questionario per raccogliere le loro impressioni ed  interrogarli sulla loro idea di riuso e su cosa hanno percepito attraversando questi luoghi così fortemente connotati.

Ovviamente il percorso di conoscenza ha anch’ esso un senso nella fruizione e nella percezione dell’ importanza di questi siti.

Per quel che riguarda il Vittorio Emanuele, è stato prima di tutto un convento nel 700 ma l’ anima di questo luogo risente molto della presenza degli orfani e trovatelli che qui hanno ritrovato un nuovo destino arricchendo la comunità perché i ragazzi venivano formati nei laboratori (falegnameria, ebanisteria, lavorazione del ferro, artistico e di formazione  musicale).

Abbiamo ricevuto in consegna uno spartito con l’ inno dell’ IVE che intendiamo riproporre alla comunità coinvolgendo docenti e studenti del “Liceo Matteo Spinelli”  impegnati con noi attraverso il progetto di alternanza scuola-lavoro , una vera novità nel panorama scolastico che avvicina ancor più le attività del FAI alla scuola ed al mondo del lavoro.

Non si deve dimenticare inoltre la gloriosa Banda Musicale che nacque all’ interno del Regio Ospizio.

 La qualità dei manufatti residui rinvenuti nell’ ex Ospizio testimoniano uno studio e una ricerca formale e stilistica che rimanda agli indirizzi artistici che si determinavano in quegli anni in Italia e in Europa. Difatti due elementi rivenienti dal laboratorio del ferro visibili all’ interno del percorso di visita richiamano il linguaggio artistico dei primi del 900.

Testimonianza del grande livello di formazione assunto dai ragazzi ospitati è rappresentato da alcune delle personalità che hanno ricoperto ruoli importanti nella società nel corso del tempo: dal pittore dell’ 800 Gioacchino Toma all’ artista Giuseppe Labrocca.

Il complesso di San Domenico ha avuto un’ importanza fondamentale per l’ espansione urbana della città in epoca moderna.

I padri Domenicani individuarono infatti extra moenia, nei pressi della “pubblica pescara” il luogo dove erigere il convento definendo la nuova piazza urbana intorno alla quale si strutturarono gli edifici della nuova borghesia cittadina. Tant’è che gli orti e i giardini dei Domenicani furono ceduti per realizzare l’ attuale Piazza Garibaldi che ha generato l’ espansione urbana del 900.

L’ importanza della presenza dei ragazzi all’ interno dell’ orfanotrofio come elemento di memoria permane nella testimonianza e nel ricordo di tanti cittadini che oggi si sono associati con il compito di divulgarne la storia e l’ importanza nel tessuto civile cittadino a cui va il nostro ringraziamento per averci fornito materiale documentale di archivio.

Il percorso di visita si articola a partire dagli spazi dei sotterranei inizialmente adibiti a depositi e successivamente ai laboratori in cui è testimoniata la data di fondazione del convento e la tecnica costruttiva. Al piano terra il percorso si articola attraverso il fornice di ingresso lungo la sequenza di archi che immette nel chiostro al termine del quale uno scalone di rappresentanza permette di accedere al secondo livello; a questo piano sono collocati gli ambienti adibiti al soggiorno dei ragazzi con i relativi servizi. Da questo punto si accede sulle terrazze da cui è possibile percepire il rapporto spaziale del complesso con la piazza e la città storica. Completa il percorso la visita nell’ annessa chiesa di San Domenico della tela del “San Felice in cattedra” a firma di Lorenzo Lotto (1542). Il dipinto, parte centrale di un trittico smembrato, faceva parte dell’ arredo della Chiesa di San Felice giunto a San Domenico nel 1878.

 

INfo: Gli orari delle visite saranno i seguenti:

Casale Rufolo, sabato 25 marzo dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 16:00 alle ore 18:00 e domenica 26 marzo dalle ore 10:00 alle ore 18:00.

Istituto Vittorio Emanuele Piazza Vittorio Emanuele II, sabato 25 marzo dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 16:00 alle ore 21:00 e domenica 26 marzo dalle ore 10:00 alle ore 21:00

Il 25 e 26 marzo il gruppo FAI di Giovinazzo invita tutti all’ IVE e a Torre Rufolo dove, grazie all’ impegno di 20 volontari e 70 Apprendisti Ciceroni, riscopriremo pezzi importanti del nostro patrimonio.

Le Giornate FAI di Primavera a Giovinazzo hanno il patrocinio di: Città Metropolitana di Bari, Oliveti d’ Italia, Assoproli Bari e Comune di Giovinazzo.

Fonte: Gruppo FAI Giovinazzo

di Antonio Carbonara

 

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