Venerdì 1 novembre (alle 21), sabato 2 (alle 21) e domenica 3 (alle 19), al Teatro Forma di Bari (Via Fanelli 226/1),torna in scena per le ultime repliche l’Anonima G. R. con il suo primo, indimenticabile spettacolo, «La Bbedda Chembagnì», scritto nel 1974. Per l’occasione la compagnia si riunisce nella storica formazione, composta da Dante Marmone,Tiziana Schiavarelli, Pinuccio Sinisi e Nicola Traversa. Testi, regia e musiche sono del Collettivo. Biglietti in vendita al botteghino del teatro e su vivaticket.it. Infotel: 080.501.81.61.
La pièce è un insieme di quadri teatrali, scenette e canzoni che raccontano la vita della gente semplice dei quartieri più periferici della città, gente quasi borderline, sempre in tensione su come sbarcare il lunario, o cercare di uscire dal proprio complesso di inferiorità, alla continua ricerca di una vita migliore. Il tutto raccontata con una comicità alle volte quasi disperata, ma che attraverso l’ironia popolare diventa un momento liberatorio. “La Bbedda Chembagnì”, quindi, è riproposto dopo quarantacinque anni con gli stessi attori, che da giovincelli sono divenute persone mature che si confrontano con le loro origini, come in un viaggio a ritroso nel tempo per capire cosa si è fatto e cosa si è diventati artisticamente, oggi.
È un’occasione davvero straordinaria, dunque, che l’Anonima G. R. ha fortemente voluto organizzare per festeggiare quarantacinque anni di attività. La Compagnia barese di teatro di ricerca è nata nel 1974, e non ha mai dismesso la vocazione di sperimentare nuove forme espressive, nell’ambito del teatro popolare. Sin dal suo esordio, l’Anonima G. R., formata da giovanissimi attori, autori, pittori e musicisti, si assunse l’onere di andare oltre gli schemi teatrali, ai quali si rifaceva buona parte del teatro popolare italiano, puntando molto sull’innovazione del linguaggio (con la lingua italiana scandagliata nella sua radice), su una drammaturgia che nasceva dal basso, dal contatto con la gente. E sull’utilizzo dei personaggi, che, alla maniera della Commedia dell’Arte, diventavano maschere del nostro tempo. Il primo spettacolo realizzato fu proprio “La Bbedda Chembagnì” (La Bella Compagnia), scritto, diretto e musicato dal Collettivo. La pièce, nata da un lungo periodo di ricerca, non si rifaceva al tipico mondo popolare dei vicoli dei centri storici baresi, ma puntava l’attenzione sui nuovi grandi quartieri popolari, lontani dalla città: il San Paolo o Japigia, per esempio, in cui veniva stipata gente sradicata dalla città vecchia, che così perdeva la propria memoria storica e identità urbana, atomizzandosi in quei casermoni tutti uguali. Da una vita orizzontale, sulle stradine, a stretto contatto, e quasi parentale con gli altri, si passava ad una vita verticale nei nuovi palazzoni, che isolava e cancellava le abitudini di sempre.
Nel 1976 è stato decisivo per la compagnia l’incontro con Cosimo Cinieri, grande attore ed autore, sviluppatosi nel teatro sperimentale degli anni Sessanta, nelle “Cantine Romane”. Affascinato dalla teatralità creata dalla compagnia barese, Cinieri decise di collaborare, importando l’Anonima G. R. a Roma, al teatro Alberico, all’epoca spazio di punta del teatro di ricerca e sperimentazione, animato da personaggi come Leo De Berardinis, Bruno Mazzali, Memè Perlini, Donato Sannini, e tanti altri talenti del nuovo teatro che dilagava nel resto d’Italia.
A Roma, “La Bbedda Chembagnì” riscosse un successo straordinario, richiamando l’attenzione di grandi critici e personalità della cultura: Italo Moscati, Nicola Garrone, Dacia Maraini, Angelo Maria Ripellino, Cesare Zavattini. Tutti scrissero recensioni molto lusinghiere sulla compagnia, riconoscendone un ruolo innovatore nel panorama del teatro italiano. Fu dunque in quegli anni che la critica romana definì il progetto dell’Anonima G. R., «teatro popolare metropolitano»: si sanciva l’uscita dal folclore, e dalle sdolcinate scenette popolari, lasciando il passo al verismo di testi contemporanei, pregni di contenuti sociali, con una satira tagliente e surreale. Tanto che Dacia Maraini, in una recensione su Panorama, scrisse: «…Ma non si creda che questo sia uno spettacolo spontaneo, perché, al contrario, è mediato intellettualmente». Una teatralità, cioè, che immetteva il virus del dubbio e dell’autocritica, al secolarizzato mondo popolare.
Da allora tantissime sono state le occasioni che hanno permesso alla Compagnia barese di esportare su importanti palcoscenici italiani ed europei i propri spettacoli, avendo sempre riscontri positivi, contribuendo all’innovazione e all’arricchimento del repertorio teatrale pugliese.