Sono stati presentati a Bari nella sede della Confcommercio Bari i risultati del sondaggio d’opinione sulle attività commerciali del territorio barese. Sono intervenuti il Presidente di Confcommercio Bari BAT Alessandro Ambrosi, il sindaco di Bari Antonio Decaro e l’Assessore alle Attività Produttive del comune di Bari Carla Palone.
L’indagine, realizzata dall’Istituto Troisi Ricerche, ha coinvolto un campione rappresentativo di 1000 consumatori (635 residenti a Bari e 365 residenti nei Comuni limitrofi) selezionati in modo da rispecchiare la composizione socio-demografica del territorio, più 11 operatori commerciali, che si sono scambiati opinioni, idee e punti di vista nell’ambito di focus group a loro dedicati.
Obiettivo dell’indagine: comprendere come è valutata l’attuale offerta commerciale in città e individuare possibili aree di intervento, legate allo “spirito” e alla “vocazione storica” di ogni quartiere, per offrire esperienze di acquisto autentiche e personalizzate.
Diverse le tematiche affrontate: dalle zone della città preferite per fare shopping, alle motivazioni di scelta di ciascuna di esse; dalle abitudini di mobilità quando si va a fare acquisti agli ambiti su cui, a parere di Cittadini e Operatori Commerciali, l’Amministrazione dovrebbe intervenire con maggiore urgenza per rilanciare il commercio locale e renderlo parte integrante del tessuto cittadino, migliorando l’intero contesto urbano.
L’indagine, condotta attraverso interviste face to face (cioè realizzate da intervistatori professionisti muniti di tablet) in diverse zone della città e nei luoghi dove si sono svolte le celebrazioni in onore di San Nicola, ha permesso di aprire uno spaccato sul modo in cui i quartieri Murat, Carassi, Libertà e San Pasquale sono percepiti sia da coloro che non vivono a Bari sia da coloro che, invece, ci vivono e/o ci lavorano.
Dallo studio, è emerso come Bari abbia bisogno di qualificare, soprattutto agli occhi dei non residenti, la natura articolata e diversificata della propria offerta commerciale; sebbene, infatti, ne sia riconosciuta l’elevata qualità (i non residenti, ad esempio, premiano il murattiano non solo per l’eccellente offerta commerciale, ma anche perché luogo in cui sono contemporaneamente concentrati negozi, luoghi di aggregazione, bar/ristoranti e una ricca offerta culturale), ancora non risulta pienamente valorizzata la “personalità” di ogni quartiere (ovvero: i suoi vissuti, le sue storie, le sue persone).
Se, infatti, i quartieri Carrassi e San Pasquale vengono scelti per fare acquisti prevalentemente in virtù della loro accessibilità e della facilità di parcheggio, ma per il resto sono considerati “una zona della città come le altre” o “un punto di passaggio”, il Libertà risulta ancora schiacciato (soprattutto nel caso di coloro che non vivono a Bari) da una reputazione fortemente respingente, che non tiene conto della sua storicità (la quale invece è ben presente nei baresi, che considerano la zona come “una quartiere da salvare”).
Da questi dati si può, secondo gli stessi Esercenti, ripartire per non disperdere il patrimonio della città, valorizzando – o, meglio, rivitalizzando – l’offerta commerciale in maniera coerente con il nuovo modo di pensare e di agire dei consumatori.
Forti di un profondo orgoglio di appartenenza e nella consapevolezza che solo aggiornandosi e aggregandosi per sviluppare progetti comuni le attività commerciali “tradizionali” possono fronteggiare la concorrenza di centri commerciali e vendite online, gli esercenti baresi si offrono di lavorare fianco a fianco con l’Amministrazione Comunale ribaltando, quindi, alcune dinamiche del rapporto tra Istituzioni e operatori commerciali che ancora oggi, soprattutto nei quartieri più periferici della città, vengono vissute come “impositive” se non proprio “punitive”.
Tre le linee di azione che essi individuano come prioritarie: diminuire la percezione di “caos” che, soprattutto per via della mobilità e dei parcheggi, disincentiva dal fare acquisti in Centro, promuovere nuovi servizi per turisti e cittadini disseminati lungo tutto il tessuto urbano e creare di un unicum tra “quello che si può vedere” e “quello che si può vivere”, nel rispetto delle specificità (il cosiddetto “genius loci”) di ogni quartiere.