BARI – COLLEGIUM MUSICUM – Martedì 17 dicembre il concerto “Dal ‘900 al contemporaneo” conclude la 29esima stagione
DAL ‘900 AL CONTEMPORANEO
Si conclude la ventinovesima stagione del Collegium Musicum diretto da Rino Marrone, con un concerto dedicato al ‘900 (musiche di Raffaele Gervasio e Jacques Ibert), per poi giungere ai giorni nostri, con una prima esecuzione assoluta del compositore pugliese Vito Palumbo.
Solisti due nomi d’eccezione come Mario Marzi (sassofono) e Francesco Abbrescia (live electronics).
Martedì 17 dicembre, ore 20,30
Teatro Abeliano – Bari
Si intitola «Dal ‘900 al contemporaneo» il concerto che conclude la ventinovesima stagione concertistica del Collegium Musicum, con la direzione artistica del maestro Rino Marrone: l’appuntamento si terrà martedì 17 dicembre alle 20,30 al Teatro Abeliano di Bari (e alle 10,30 in matinée per le scuole e l’Università della Terza Età), e sarà un viaggio nella seconda metà del ‘900 che giungerà ai nostri giorni. Il Collegium Musicum diretto da Marrone eseguirà musiche di Raffaele Gervasio (Concerto da camera op. 111 e Rapsodia su canti di Puglia op. 88), Jacques Ibert (Concertino da camera per sassofono e 11 strumenti). Chicca della serata sarà una prima assoluta, nata su commissione dello stesso Collegium Musicum, «Skin IV» del compositore pugliese Vito Palumbo, brano per sax baritono e live electronics. Solisti saranno due nomi d’eccezione nei rispettivi strumenti, Mario Marzi (sassofono) e Francesco Abbrescia (live electronics).
Info e prenotazioni: 340.499.38.26. Biglietti a 12 euro (intero), 9 euro (ridotto per over 65, studenti e disabili).
Vito Palumbo è uno dei più apprezzati compositori italiani dell’ultima generazione, pluripremiati e acclamati dalla critica. I suoi pezzi sono stati eseguiti in tutto il mondo, in particolare dalla London Symphony Orchestra, Ensemble Intercontemporain, Cepromusic Ensemble, Helsingborgs Symfoniorkester, Gävle Symfoniorkester, Athenäum-Quartett Berliner Philharmoniker, RAI Symphony Orchestra, Orquesta Sinfónica del Estado de Puebla, Oradea State Philharmony, Norrbotten NEO, AuditivVokal Dresden e Camerata Bern con Patricia Kopatchinskaja come solista.
«Skin IV» è un brano che fa parte di una serie di brani solistici che Palumbo ha dedicato ad ogni strumento. «L’idea di base – spiega il compositore – è sondare e mettere in luce la “pelle del suono” di ogni strumento, in questo caso il sax baritono, strumento più grave della famiglia dei sassofoni che è immerso nell’ambiente della elaborazione elettronica live, realizzata grazie a MAX/msp e altri tools. Formalmente il pezzo attraversa diversi spazi sonori in cui l’elettronica non risulta invasiva e predominante, ma sostiene e prolunga le idee musicali e i caratteri umorali che già vengono espressi e sviluppati autonomamente dal sax. La scrittura è varia e molto virtuosistica e presenta molteplici tecniche estese legate allo strumento. Un discorso astratto e sperimentale che viene sottolineato e potenziato dalla componente elettroacustica, non attraverso un semplice accompagnamento o un dialogo, ma grazie ad una sorta di innesti sonori nei gesti del sax all’interno del corpo elettronico. Il discorso attraversa varie sezioni che si alternano in momenti espressivi e ricercati, in texture molto particolari in cui la voce del sax parte da un singolo soffio-suono, per poi aprirsi in multifonici calibrati in vari colori e iridescenze, momenti concitati e caratterizzati da picchi sonori. Come ruggiti e barriti che squarciano una tela sonora e vengono ulteriormente potenziati dalla spazializzazione, riverbero e profondità generati dall’elettronica e momenti in cui scale rapidissime, slaps e colpi di soffi modellati su diverse consonanti, determinano un carattere marcatamente virtuosistico».
Quanto a Raffaele Gervasio (1910-1994), docente di composizione tra i più amati al Conservatorio Piccinni di Bari, la «Rapsodia su canti di Puglia» op. 88 è senz’alcun dubbio una delle composizioni più rappresentative della sua arte. Si tratta della terza versione di un’opera giovanile scritta nel 1936 (probabilmente per partecipare ad un concorso di composizione) per un organico alquanto singolare (tenore, piccolo coro maschile e 10 strumenti) ed in seguito rielaborata per grande orchestra. Questa terza strumentazione da camera per 12 strumenti, senza voci, venne realizzata molti anni più tardi, nel 1974, su commissione dell’Ensemble Antica e Nuova Musica, che la tenne a battesimo in una lunga serie di concerti, con grande successo. I temi popolari sono trattati contrappuntisticamente, avvolti in armonie ora modaleggianti, ora piccantemente spigolose, a volte politonali, eppure nulla perdono della loro primigenia freschezza. L’orchestrazione è brillante ed efficacissima, e le singole parti strumentali sono pervase da un gioioso virtuosismo, cosa che risulta peraltro essere un carattere distintivo di tutta la produzione del compositore barese. Viene fuori in questo brano, oltre alla maestria del musicista, tutta la meridionalità di Gervasio, la sua pugliesità si direbbe intesa come gioiosa, colorata, addirittura profumata essenza vitale.
Il Concerto da camera op. 111 per doppio quintetto e percussioni (1983), invece, appartiene già all’ultima fase creativa dell’artista, caratterizzata da uno sviluppo del linguaggio compositivo che appare sempre più svincolato da schemi precostituiti. Lasciatosi alle spalle l’esperienza seriale, pure assaporata per quasi un decennio (1962-1970), Gervasio approdò ad una sempre più evidente richiarificazione tonale, alla ricerca di nuove e significative interdipendenze tra i suoni.
Con Jacques Ibert (1890-1962) ci troviamo di fronte a uno dei più raffinati compositori francesi del ‘900. Il Concertino da camera per sassofono e 11 strumenti è un brano ricco di virtuosismi, molto impegnativo per il solista, chiamato a esaltare le possibilità timbriche del sassofono in contrapposizione con l’ensemble strumentale. Composto nel 1935, il brano è dedicato a Sigurd Raschèr che lo esegui l’11 dicembre 1935 a Winterthur, in Svizzera. In questo lavoro Ibert fa riferimento agli stili musicali prevalenti del tempo, impressionismo e neoclassicismo, tuttavia attinge al Jazz con i suoi ritmi sincopati e utilizza nella sezione lenta materiale tematico del Blues.
Redazione