Con una sentenza favorevole per il Comune di Bari, stamane si è concluso il primo grado del giudizio, durato più di 16 anni, promosso dalla GIEM, che aveva richiesto un risarcimento di 52.000.000 di euro per presunti danni subiti a carico dei suoli di proprietà della stessa, compresi nell’intero complesso di Punta Perotti.
Di seguito una breve cronistoria del processo.
Nel 2001, all’indomani della sentenza con la quale la Corte di Cassazione, pur assolvendo gli imputati (legali rappresentanti delle società Sudfondi, Mabar e Iema) da ogni reato agli stessi contestato, disponeva la confisca e l’acquisizione al patrimonio del Comune di Bari dei suoli abusivamente lottizzati, e dell’intero complesso di Punta Perotti, la società Giem s.r.l. citava in giudizio i signori Levi Montalcini, i quali avevano venduto alla medesima società un suolo ubicato in detto comprensorio, poi oggetto di confisca.
La GIEM proponeva nei confronti dei signori Levi Montalcini azione di risoluzione per inadempimento, sostenendo che i proprietari Montalcini avevano venduto il suolo come edificatorio, mentre era poi emerso, come affermato dalla Suprema Corte, che lo stesso non aveva alcuna vocazione edificatoria.
I signori Levi Montalcini, citati in giudizio da GIEM, pur respingendo la richiesta dell’attrice, sostenendo la natura edificatoria delle aree compravendute, in via subordinata chiamavano in causa il Comune di Bari per essere da questi garantito, affermando di avere fatto affidamento sulla edificabilità dei suoli attestata dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Bari e allegato all’atto di compravendita.
Il Comune si costituiva in giudizio con l’Avvocatura comunale (avv. Chiara Lonero Baldassarra e Augusto Farnelli) e chiedeva il rigetto della domanda proposta dai signori Montalcini nei suoi confronti.
Nel 2005, la GIEM proponeva dinanzi al Tribunale di Bari un’altra azione per responsabilità da fatto illecito ex art.2043 c.c. nei confronti del Comune di Bari, sostenendo di avere perso la proprietà del suolo per effetto della confisca a causa degli atti e provvedimenti posti in essere dal Comune di Bari, il quale era inoltre rimasto del tutto inerte a fronte del provvedimento prima di sequestro e poi di confisca.
Chiedeva, pertanto, al Comune un risarcimento di € 52.000.000 così quantificando il danno sofferto. Anche in questo caso l’Avvocatura comunale si è costituita, con gli avvocati Renato Verna, Biancalaura Capruzzi, Alessandro Labellarte e Luisa Amoruso, contestando tutti i presupposti della pretesa responsabilità civile della P.a., eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione, e chiedendo di chiamare in causa in garanzia Ministero per i Beni culturali, la Regione Puglia e le società lottizzanti Sudfondi, Mabar e Iema, ai quali, ove ritenuta sussistente la responsabilità del Comune, erano comunque addebitabili i danni. Tutti i chiamati in causa si costituivano in giudizio, chiedendo il rigetto di ogni domanda proposta nei loro confronti. Quest’ultima causa veniva sospesa perché la GIEM proponeva ricorso per regolamento di giurisdizione dinanzi alla Suprema Corte, la quale, con ordinanza del 2009, affermava la giurisdizione del giudice ordinario.
Successivamente, le due cause venivano riunite e riservate per la decisione, ma, per vari problemi (morte della sen. Rita Levi Montalcini, revoca della confisca da parte della Cedu per i suoli Sudfondi, Mabar e Iema, nomina di nuovi giudicanti), venivano rimesse sul ruolo più volte, e, quindi, veniva disposta una consulenza tecnica d’ufficio (Ctu), le cui risultanze erano fortemente contestate dalla società GIEM.
Di oggi la sentenza con la quale la Terza Sezione Civile del Tribunale di Bari (Giudice Valeria Spagnoletti) ha respinto tutte le domande proposte da GIEM, addebitandole per intero le spese di Ctu, e ha compensato le spese legali tra tutte le parti per la complessità delle questioni, il mutamento nel corso del giudizio della situazione dei suoli di Punta Perotti, e l’emanazione di provvedimenti giurisdizionali che hanno inciso sulla materia del contendere.
Il giudice si è quindi pronunciato in primo luogo sulla domanda proposta da GIEM nei confronti dei venditori Levi Montalcini, respingendola, affermando che il bene oggetto della compravendita era edificabile, come attestato dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Bari e allegato all’atto di compravendita, e lo stesso, come accertato dal Ctu, è ancora oggi edificabile, pur essendo necessaria l’autorizzazione paesaggistica. Pertanto non ci sono i presupposti per una azione di risoluzione del contratto per inadempimento e neppure di nullità del contratto per impossibilità o illiceità dell’oggetto.
Sulla domanda proposta nei confronti del Comune di Bari e dei suoi chiamati in causa, parimenti il giudice ha ritenuto l’infondatezza della richiesta.
La GIEM sostanzialmente aveva fondato la sua domanda sulla perdita della proprietà del suolo per effetto della confisca e sulla perdita della possibilità di edificazione, qualità che aveva indotto la stessa società a comprare i suoli.
Il giudice ha osservato che la società GIEM è ritornata in piena proprietà dei suoli in quanto il Comune di Bari, all’indomani della sentenza Cedu, ha proposto incidente di esecuzione dinanzi al giudice della esecuzione perché ne disponesse la revoca, restando invece la GIEM totalmente inerte. Non avendo perso il suolo, la GIEM non ha diritto ad ottenere il valore del medesimo dal Comune di Bari.
Né spetta, quindi, alla GIEM alcun risarcimento per non aver potuto sfruttare il suolo secondo il programma prefissato al momento della compravendita.
Infatti, la GIEM non ha provato alcun danno, né ha mai posto in essere alcuna iniziativa concreta volta allo sfruttamento edilizio delle aree, e tanto neanche dopo la revoca della confisca; ma anche prima, tra il 1991 (data dell’acquisto) e il 1997 (data del sequestro), non ha avviato alcuna attività prodromica alla edificazione, non sottoscrivendo alcuna convenzione di lottizzazione e disinteressandosi completamente per almeno 5 anni dello sfruttamento dei suoli, pur non essendovi alcun impedimento giuridico.
Al Comune di Bari non possono essere imputati, pertanto, né i danni per la detenzione del bene durante la confisca, disposta dalla Cassazione in base alla normativa nazionale, né le conseguenze della totale inerzia della società, sia in ordine alla edificazione sia in ordine alla restituzione dei suoli dopo la sentenza della Cedu.
La stessa società è oggi proprietaria infatti di una area che il Ctu ha stimato di valore oltre 12 milioni, più di quanto abbia la stessa pagato ai Montalcini (5 milioni) e, in ogni caso, non ha dimostrato in giudizio di avere perso migliori possibilità di sfruttamento e/o danni ulteriori.
Il giudice, quindi, ha condiviso le tesi difensive sostenute dalla Avvocatura comunale nel corso di questo lungo e complesso grado di giudizio.
Fonte Ufficio stampa Comune di Bari
di Antonio Carbonara