Prosegue la stagione 2021 del Collegium Musicum diretto da Rino Marrone, con un concerto interamente dedicato alla musica del ‘900, riletto da autori molto diversi tra loro: Hindemith, Loussier, Cage e Rota. Solista alla tromba Paolo Russo.
Nuovo Teatro Abeliano di Bari – Martedì 30 novembre, ore 20,30 (matinée per le scuole alle 10,30)
Martedì 30 novembre, alle 20,30, al Nuovo Teatro Abeliano di Bari prosegue la stagione musicale 2021 del Collegium Musicum, con un concerto interamente dedicato al ‘900 e alcune chicche di rara esecuzione: l’ensemble, diretto da Rino Marrone, eseguirà musiche di Paul Hindemith (Cinque pezzi op. 44 n. 4 per orchestra d’archi), John Cage (4′ 33”), Nino Rota (Concerto per archi). In prima esecuzione italiana ci sarà anche il Concerto per tromba e orchestra d’archi di Jacques Loussier, con solista alla tromba Paolo Russo. Alle 10,30 si terrà anche il concerto in versione matinée, per le scuole. Biglietti prenotabili all’indirizzo email associazionecollegiumbari@gmail.com, con obbligo di Green Pass dai 12 anni in su. Costo 10 euro (intero), 5 euro (ridotto, per studenti, over 65 e diversamente abili). Infotel: 080.542.76.78 – 340.499.38.26.
Scritti nel 1927, i «Cinque Pezzi per orchestra d’archi» di Paul Hindemith (1895-1963) sono composti nelle consuete cinque parti (due violini, viola, violoncello, contrabbasso), cui si aggiunge nell’ultimo pezzo un violino solista. Nel Langsam (Lento) iniziale, la sofferta linea melodica di tipo espressionista dei primi violini è sostenuta da un tessuto prevalentemente accordate dalle altre parti. Più articolato il secondo brano, in cui a un Lento espressivo fa seguito – Schnell (Veloce) – un ruvido movimento rapido. Le qualità contrappuntistiche della struttura di Hindemith sono evidenti nel terzo pezzo, Lebhaft (Vivace) ricco di imitazioni, inversioni, contrappunti doppi. Il quarto, Sehr Langsam (Molto lento) intreccia due diverse melodie su un accompagnamento in ritmo puntato degli archi gravi, mentre il brano conclusivo è un turbinoso moto perpetuo in cui svettano le guizzanti e capricciose figurazioni del violino solista.
«4’ 33’’» è uno dei brani più famosi e controversi del compositore americano John Cage (1912-1992). Pubblicato nel 1952 per qualsiasi strumento musicale o ensemble, la partitura dà indicazione agli esecutori di non suonare per tutta la durata del brano per una durata complessiva di quattro minuti e trentatre secondi. Sebbene la composizione possa essere percepita come un lungo silenzio, nelle intenzioni dell’autore grande importanza ricoprono i suoni dell’ambiente in cui la performance accade; uno spazio sonoro riempito unicamente dalla presenza dei musicisti, il cui respiro e la cui comune pulsazione fanno da contraltare all’assenza della performance musicale. Il concetto di silenzio fu talmente importante per il compositore che, nel 1992, due mesi prima di morire, dichiarò in un’intervista: «Nel silenzio sento tutti i rumori che ci sono. Li ascolto con molta cura. In generale mi piace ascoltare, mi piace così tanto che non smetto mai. Penso che chiunque apprezzi il suono, ami il silenzio, che è pieno di suoni».
Il Concerto per tromba e orchestra d’archi di Jacques Loussier (1934-2019) resta una delle composizioni più felici del pianista e compositore francese: musicista di straordinaria creatività, Loussier è diventato molto noto per le sue interpretazioni jazz di opere di Johann Sebastian Bach. Ha dedicato gran parte della sua carriera al concertismo, da solista e in formazioni da camera, ma dal 1980 in poi pone un freno a queste attività, per dedicarsi alla ricerca musicale e rituffarsi nel presente, nel secolo dei suoni nuovi e della tecnologia. Nel 1987, insieme a un nutrito gruppo di composizioni di successo che gli avevano dato già fama di compositore tra i più influenti, scrive il Concerto per tromba e orchestra d’archi, eseguito per la prima volta da un grande trombettista francese, Guy Touvron, con il quale ottiene immediatamente il plauso della critica e del pubblico.
Il Concerto per archi viene composto da Nino Rota (1911-1979) nel 1964, ed è rappresentativo dei caratteri stilistici del compositore: simmetria metrica, temi perfettamente inseriti nel sistema tonale, adesione alle forme codificate dalla tradizione. Ma se Rota è da considerare un musicista che guarda soprattutto al passato, sono riscontrabili nelle sue pagine anche le esperienze musicali di certi compositori a lui contemporanei (era grande ammiratore di Stravinskij), oltre ad una predilezione per le forme di danza: è ciò che si nota ad esempio nello Scherzo, dove ad un incedere ritmico e a un andamento melodico che ricordano alcuni caratteri propri dello stile di Prokofiev, alterna un ritmo di valzer. Ma più in generale, ciò che colpisce della sua musica, è la frequente presenza di un carattere quasi narrativo: le sue melodie sembrano raccontare delle storie, una peculiarità che non si manifesta attraverso una componente programmatica, ma che scaturisce naturalmente da un discorso musicale denso di suggestioni evocatrici di storie, ambientazioni, stati d’animo.
redazione