Sono infondate le censure al divieto di iscrizione o partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati ai partiti politici.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale, decidendo sulla cosiddetta “vicenda Emiliano”, il governatore della Puglia – che prima di entrare in politica faceva il pm – finito sotto processo disciplinare davanti al Csm per aver violato il divieto per i magistrati di iscriversi a partiti politici.La Corte costituzionale, si legge in una nota della Consulta, “ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’illecito disciplinare che vieta l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati a partiti politici”. La disposizione era stata censurata dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nella “vicenda-Emiliano” ed è “contenuta nell’articolo 3, comma 1, lettera h, del decreto legislativo 109/2006 di riforma del sistema disciplinare dei magistrati”.
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redazione