Taranto – Lo shock economico del Covid ha riportato all’attenzione l’importanza strategica dell’agricoltura, garante dell’approvvigionamento alimentare del Paese e ora permette di guardare con fiducia al futuro, con una stima di crescita del 5,5% nel triennio 2021-2023, dopo aver perso il 2,9% nel 2020. La spinta verrà data dagli investimenti guidati dal Recovery Fund (95 miliardi nel 2021-23) e dall’export in crescita malgrado la crisi globale. Realizzata da Cia-Agricoltori Italiani in collaborazione con la CGIA di Mestre, è questa l’analisi presentata oggi in occasione dell’Assemblea nazionale.
Nei nove mesi di crisi pandemica, l’agricoltura ha beneficiato della tenuta del commercio alimentare all’ingrosso delle materie prime (-3%) e dei prodotti alimentari (+0,1%) e di quello al dettaglio (+3,1%), registrando, nello specifico, un +3,9% nella Gdo (soprattutto nei discount, +6,6%) e un +3,5% nei piccoli negozi. Il macrosettore economico dell’agricoltura ha saputo, dunque, reagire con grande impegno alla crisi da Covid, senza mai interrompere l’attività, garantendo scaffali pieni e cibo fresco sulle tavole degli italiani. Questo sforzo ha trainato anche l’industria alimentare, unico comparto fra i manifatturieri ad aver avuto una limitata contrazione del valore produttivo (-2,3% a ottobre 2020). Nonostante le enormi difficoltà del commercio internazionale, l’agroalimentare ha mostrato gran dinamismo nella risposta all’emergenza, soprattutto sui mercati esteri, sulla scia del saldo commerciale record dell’Italia (+42,5 miliardi nei 9 mesi del 2020). Le esportazioni di cibo e bevande sono, infatti, aumentate nei primi tre trimestri dell’anno del 3% (oltre 1 miliardo di euro) mentre, al lato opposto, l’import ha subito un calo tale da collocare l’Italia, per la prima volta, nella posizione di esportatore netto nella bilancia commerciale e fa ben sperare per lo sviluppo della vocazione internazionale delle nostre aziende agricole.
L’e-commerce agroalimentare ha registrato una crescita pari a 1,5 milioni di transazioni da gennaio a ottobre 2020, ma rappresenta ancora una nicchia e non compensa la chiusura dell’Horeca. I consumi fuori casa che rappresentano, infatti, un terzo del totale dei consumi alimentari nazionali, continuano a subire un duro contraccolpo dalla crisi pandemica, con perdite stimate per 40 miliardi che riguardano, soprattutto, prodotti di alta gamma e impattano anche sugli imprenditori agricoli che sono fornitori diretti di hotel, ristoranti, bar, mense. Anche negli agriturismi tricolori, la crisi da Covid ha falciato di 650 milioni il fatturato, con una perdita complessiva di 300mila clienti.
Questo il quadro del settore nella cornice di un Pil italiano che -secondo la CGIA- perderà quasi 15 punti percentuali rispetto al picco del 2007 e porterà l’economia nazionale indietro di 22 anni (ai livelli del 1998). Guardando all’insieme del 2020, tuttavia, è possibile intravedere alcuni recenti segnali positivi. Nel terzo trimestre dell’anno, rispetto a quello precedente, il Pil italiano ha segnato un rimbalzo del 16,1%, superiore rispetto all’Area Euro (+12,6%). In termini previsionali si sconta un’incertezza senza precedenti, ma è verosimile ritenere che solo nel 2023 si potrà recuperare il Pil perso nel 2020, con la componente dei consumi delle famiglie leggermente più in difficoltà. Per il futuro, si prevede una spinta per gli investimenti, guidata da quelli legati al Recovery Plan e al Next Generation EU, che schiudono grandi opportunità per il nostro Paese, in particolare in relazione allo sviluppo sostenibile, dove l’agroalimentare si inserisce pienamente; questo non solo per il suo profondo legame con il territorio, ma soprattutto per quei rapporti di filiera che lo vedono coinvolto nell’intera struttura economica italiana: dal settore primario (agricoltura), al secondario (industria agroalimentare), al commercio e ai servizi (in particolare al turismo).
Modernizzare e digitalizzare l’agricoltura italiana per aumentare produttività e sostenibilità del settore continuando a garantire l’approvvigionamento alimentare del Paese; rilanciare le aree rurali, in un’ottica abitativa e turistica, come argine contro lo spopolamento dei territori e il loro impoverimento ambientale e paesaggistico; costruire veri e propri “sistemi imprenditoriali territoriali” interconnessi, dove le attività economiche e le forze sociali possano fare rete per resistere meglio alle crisi. Questi alcuni dei punti chiave della ricetta di Cia-Agricoltori Italiani per “riprogettare il futuro” con “Agricoltura-Territorio-Società” al centro, come recita lo slogan dell’Assemblea nazionale 2020, costruendo un piano di rilancio post Covid e centrando al tempo stesso gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo.
“La straordinarietà della contingenza e l’impatto della pandemia a livello sanitario, economico, sociale non consentono un approccio ordinario alla situazione -ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino-. Il Covid ha rimesso in discussione i modelli di crescita e ora la ripartenza dipenderà dalla capacità di interpretare il cambiamento cogliendo tutte le opportunità delle strategie programmate, a partire dai fondi previsti dal Next Generation EU, pacchetto per la ripresa in un’ottica più verde, digitale e resiliente, che destina solo all’Italia oltre 200 miliardi in tre anni. Risorse ingenti che si collocano nel contesto delle politiche comunitarie definite dal Green Deal, in cui l’agricoltura, in sinergia con le altre forze economiche e sociali, deve essere motore di sviluppo”.
D’altra parte, ha aggiunto Scanavino, “con la pandemia, l’agricoltura ha mostrato, ancora una volta, la sua ineludibilità e la sua capacità di adattarsi. Reggere le richieste di cibo, assicurare i bisogni primari di un Paese, non interrompere la catena di lavoro, contribuire alla tenuta dei territori, fanno del settore primario un interlocutore privilegiato del Governo nella definizione di investimenti e riforme nell’ambito del Piano nazionale di ripresa”.
Proprio con l’obiettivo di fornire un contributo concreto alla costruzione di un nuovo progetto di sviluppo dell’Italia, con gli strumenti messi in campo dall’Ue e dall’esecutivo anche con la prossima manovra di bilancio, Cia ha lanciato in Assemblea nazionale le sue cinque politiche direttrici del percorso di ripresa:
• POLITICHE DEI SETTORI PRODUTTIVI – Sono riconducibili a tale sfera tutte quelle azioni che agevolano lo sviluppo estensivo dell’agricoltura digitale e la modernizzazione del settore, con l’obiettivo di rendere sempre più sostenibili i produttori nazionali, avendo a disposizione tecnologie innovative a supporto delle scelte di tecniche culturali e input produttivi, razionalizzazione delle risorse, raccolta dati, tracciabilità delle filiere. Altrettanto necessario uno sforzo progettuale per rafforzare le grandi produzioni agricole, a partire dal potenziamento della ricerca varietale e delle biotecnologie; la pianificazione di investimenti innovativi in campo agro-zootecnico, in un’ottica di riequilibrio degli impatti ambientali, e il rinnovamento del parco macchine agricole. Non meno strategica, poi, la creazione di sistemi produttivi a vocazione territoriale, tramite un coinvolgimento attivo e condiviso tra agricoltori, artigiani, commercianti, logistica, turismo, enti locali, consumatori.
• POLITICHE PER LA PERMANENZA SUL TERRITORIO – Nelle aree interne, che fanno il 60% della superficie nazionale, l’agricoltura spesso rappresenta il principale asset economico, sociale ed ambientale, il solo freno all’abbandono di territori custodi da sempre di biodiversità e paesaggio. Occorrono, quindi, strumenti orientati a frenare lo spopolamento attraverso politiche di insediamento abitativo, che incentivino il recupero di fabbricati rurali, piccoli centri e borghi. Ugualmente necessaria la messa in sicurezza e il ripristino della rete infrastrutturale viaria, ma anche scolastica, edilizia e della sanità locale, così come il superamento del digital-divide rispetto alle città. Inoltre, bisogna agevolare lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e femminile agricola, nonché il ricambio generazionale, anche garantendo l’accesso alla terra; migliorare l’organizzazione dei servizi nelle aree rurali, su misura per tutte le fasce di età in particolare dell’anziano, e creare percorsi di sanità territoriale.
• POLITICHE PER I SERVIZI ALLE IMPRESE E ALLE PERSONE – Riprogettare il futuro all’interno del rapporto stretto tra agricoltura, economia e società, vuol dire passare anche attraverso una sistematizzazione del sistema dei servizi alle imprese e alla persona che trovano diffusione sui territori. Questo vuol dire favorire “pacchetti” integrati in base ai bisogni e alla domanda, coerenti con le sfide del contesto globale, nonché ampliare e innovare la gamma dei servizi.
• ALTRE POLITICHE DI GESTIONE E SVILUPPO – Nella convinzione che il turismo rurale sia una potente chance di rilancio del Paese, è necessaria una pianificazione che valorizzi maggiormente le dimensioni sostenibili dell’agriturismo e che metta a sistema il circuito enogastronomico con tutte le sue potenzialità. Altrettanto irrinunciabili sono gli interventi per favorire una gestione sostenibile del suolo, così da contenere il rischio idrogeologico e prevenire i disastri ambientali; agevolare percorsi di efficienza e risparmio idrico; favorire i processi d’internazionalizzazione (e-commerce; co-branding); promuovere una revisione del sistema di gestione dei rischi in campo agricolo anche tramite la modernizzazione del sistema assicurativo; promuovere nuovi e più incisivi modelli di gestione della fauna selvatica.
• NUOVA PAC – La nuova Pac dovrà continuare a porsi come obiettivo principale lo sviluppo dell’agricoltura sostenibile e il sostegno al reddito degli agricoltori, mantenendo la produttività agricola e garantendo un approvvigionamento stabile di prodotti a prezzi accessibili. I pagamenti di base sono da riequilibrare: no al dato storico e sì al capping ragionevole. Bene anche alla nuova architettura (Piani strategici nazionali) se favorisce una visione strategica, migliora la governance e riduce la burocrazia. La vera ambizione per il futuro resta la capacità di unire sostenibilità e competitività. In tal senso, sì alla condizionalità rafforzata, superando le attuali misure del greening; misure agro-ambientali più ambiziose, se legate al territorio; uso più efficiente delle risorse dello Sviluppo rurale; estensione degli interventi settoriali (OCM) anche a nuovi settori.
“L’agricoltura è pronta a esercitare un ruolo da protagonista all’interno di un progetto di rilancio del Paese -ha ribadito Scanavino, concludendo i lavori dell’Assemblea-. Un progetto che prevede un cambio di rotta, con una strategia di sistema condivisa tra tutte le forze socioeconomiche espressione dei territori italiani. A tal fine, Cia si candida a essere il promotore attivo di questo processo di cambiamento per uscire dall’emergenza e spingere la ripresa nazionale”.