«El Pelusa Y la Negra», Cosimo Damiano Damato e Simona Molinari saranno i protagonisti dell’originale omaggio argentino

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«El Pelusa Y la Negra», le anime di Diego Armando Maradona e Mercedes Sosa rivivono a teatro, tra poesia, aneddoti e musica.

Cosimo Damiano Damato e Simona Molinari saranno i protagonisti dell’originale omaggio argentino, venerdì 17 maggio al Teatro Forma di Bari

 

di Lorenzo Lorusso

L’attività del Teatro Forma di Bari prosegue, con la direzione artistica di Carlo Gallo, e un altro appuntamento di pregio: venerdì 17 maggio, alle 21, toccherà a uno straordinario concerto-spettacolo, intitolato “El Pelusa Y La Negra. La storia cantata di Maradona e Mercedes Sosa”, con protagonisti la cantautrice pop e jazz Simona Molinari e il poeta e drammaturgo Cosimo Damiano Damato. Lo spettacolo sarà un dialogo visionario fra il più grande calciatore di tutti i tempi, il “Pibe de Oro” Diego Armando Maradona, e la cantante e attivista argentina Mercedes Sosa, simbolo della sua terra e della lotta per la pace e i diritti civili contro la dittatura. “El Pelusa y La Negra” rivela il loro genio, l’arte e allo stesso tempo i valori, i sentimenti, le lotte, le vittorie e le sconfitte.

 

I biglietti sono in vendita al botteghino del Teatro Forma e on line sul circuito Vivaticket.it. Infotel: 080.501.81.61, teatroforma.org.

 

A dare voce a Maradona sarà Cosimo Damiano Damato, mentre l’anima e l’opera di Mercedes Sosa rivivrà nel timbro di Simona Molinari, che si rivelerà sofisticata “cantattrice” alle prese con i monologhi scritti da Damato. Un viaggio musicale d’autore con un canzoniere potente, commovente e civile che vede la rilettura di perle di Mercedes Sosa, oltre che del repertorio classico argentino e cantautorale italiano. Da “Canción de las simples cosas” a “Todo cambia” e “Gracias a la vida”. E ancora classici come “Don’t cry for me Argentina” e gli omaggi a Pino Daniele e Lucio Dalla, che hanno saputo cantare la città di Napoli con gioielli come “Napul’è” e “Caruso”. Gli arrangiamenti e la direzione musicale dello spettacolo sono affidati al Sudamerica Quartet.

 

Abbiamo intervistato Cosimo Damiano Damato, autore dei testi dello spettacolo.

 

Com’è nata l’idea di unire due figure così iconiche come Maradona e Mercedes Sosa in questo spettacolo?

 

«Intanto tutto nasce da una educazione sentimentale che ho avuto su Napoli e i Sud del Mondo, grazie ai miei maestri Erri De Luca, Renzo Arbore e Lucio Dalla. Poi l’incontro con Gianni Minà è stato fondamentale per innamorarmi dell’uomo Maradona. Come tutti i miei spettacoli di narrazione poetica e civile nascono prima dai miei libri. Quando stavo scrivendo “Hasta siempre Maradona” (pubblicato per compagnia editoriale Aliberti, con la prefazione preziosa di Erri De Luca e un dialogo inedito con Gianni Minà e le illustrazione del pugliese Vito Moccia) il monologo di Maradona era talmente potente che dovevo dargli anche diritto di parola pubblica e portare questa storia a teatro. Chi conosce la mia cifra stilistica sa che ogni monologo è sempre accompagnato dalla musica dal vivo, ed ho pensato alle canzoni di protesta e resistenza di Mercedes Sosa. E non solo: anche a Gardel, Astor Piazzolla e ai nostri Lucio Dalla e Pino Daniele.

 

Con il produttore Antonio Convertini abbiamo pensato a Simona Molinari per l’interpretazione delle canzoni, ma dopo un pranzo con Simona ho capito che lei aveva bisogno di portare sul palco non solo le canzoni ma anche una storia, e cosi sono nati i monologhi di Mercedes. Penso di aver scritto il copione in una notte. Così abbiamo creato la magia di far incontrare El Pelusa – ovvero Maradona – e La Negra, Mercedes. Due personalità apparentemente diverse ma in realtà molto simili: entrambi hanno combattuto per i diritti umani, hanno difeso gli ultimi, tutti e due hanno pagato sulla propria pelle il peso del loro dono artistico ed impegno civile. Ognuno con il proprio dono ha fatto la propria rivoluzione, Diego con il pallone, Mercedes con il tamburo. Ed in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo oggi, con l’ombra delle dittature che sta tornando nella stessa Argentina ma anche nella nostra Europa (se penso anche ad esempio all’ingiustizia che sta subendo Ilaria Salis in Ungheria nell’indifferenza del nostro governo), raccontare una storia di militanza e resistenza politica come quella di Mercedes, e di coraggio e umanità come quella di Diego, mi sembrava urgente. Il teatro come il cinema, la letteratura o la poesia, in generale, deve servire a questo. C’è un impegno civile ed una responsabilità a cui noi artisti siamo chiamati, come ha detto lo stesso Papa Francesco qualche mese fa durante il suo discorso agli artisti».

 

 

L’universo e la poetica argentina risuona in tutte le gesta di entrambi. Lo conosceva già a fondo o ha dovuto fare ulteriori ricerche quando ha scritto il testo di questo spettacolo?

 

«Qualche anno fa ho tenuto una serie di conferenze con Gianni Minà per promuovere la sua rivista Latino-America, in quella occasione mi sono appassionato alla storia dei paesi latino-americani, in particolare all’Argentina e a Cuba. Avevo già raccontato Ernesto Che Guevara in un libro («Luce che accende la tua notte», Ed. Aliberti), e questa volta è arrivata la storia di Maradona e Mercedes. Quindi ho approfondito i loro vissuti, per poi affidare ad una forma di narrazione – che poi è diventato teatro-canzone – la loro storia. Ogni volta che racconto un personaggio devo diventare quella persona. Pensare, soffrire, sorridere, godere, sognare, amare, immaginare.  Diventare un’altra persona mi aiuta a capire gli altri ed anche me stesso. Non scimmiotto o imito, ma resto con la mia voce, la mia fisicità. Quello che cambia è lo stato emotivo. Mi è successo con Carmelo Bene, Lucio Dalla, Matteo Salvatore, Antonio Gramsci, Sandro Pertini, Mimmo Lucano. E con Maradona è stato ancora più faticoso».

 

 

Lei interpreta nello spettacolo il Pibe de Oro. Lo ha seguito anche da appassionato di calcio nel corso della sua carriera? Cosa ha rappresentato per lei?

 

«La mia generazione è cresciuta con il mito di Maradona. Diego ha significato per noi ragazzi del Sud di allora una occasione di riscatto al di là delle barriere sociali. Come ha detto Papa Francesco, «Maradona è stato un poeta nel campo ed un uomo fragile fuori dal campo». Ecco, io ho voluto raccontare l’uomo. Ci sono anche degli aneddoti personali legati a Maradona. Quand’ero ragazzo mi trovavo da dei parenti a Napoli. Uno zio mi portò da un barbiere. Mentre ero seduto sulla poltrona si sentì un grande frastuono per le strade. Qualcuno si affacciò e disse: «La macchina di Maradona!».

 

Tutti uscirono per strada alla ricerca di questa macchina di Maradona. Donne, bambini, chi lasciava la macchina accesa per strada, tutti alla ricerca della macchina di Maradona. Il barbiere mi piantò in asso e uscì per strada con le forbici in mano alla ricerca di Maradona, con la speranza di tagliargli una ciocca di capelli da portare ai suoi figli. Restai per ore da solo con la mantellina addosso, incredulo di quello che stava accadendo e mi teneva compagnia la voce di Pino Daniele alla radio. Il barbiere tornò sconsolato. Niente Maradona e niente ciocca. Nel riprendere il suo dovere di tagliarmi i capelli, si illuminò perfido e felice. Mi tagliò l’unico ciuffo di cui mi ero raccomandato di non tagliare, perché era l’unico riccio che avevo davanti agli occhi. Lo mise in una busta e disse che l’avrebbe portato ai figli spacciandolo per il ricciolo di Maradona. Io sorrisi. Credo che da qualche parte a Napoli ci sia un’ampolla con la reliquia sacra del ricciolo di Maradona, ma in realtà è il mio ciuffo punk da adolescente.  Quest’anno portare lo spettacolo a Napoli al Bolivar è stato molto emozionante, e mi è tornata alla mente questo aneddoto che avevo dimenticato. Quindi Maradona era in qualche modo nel mio destino».

 

 

Di Mercedes Sosa cosa ammira di più?

 

«Sicuramente ammiro il suo coraggio. Ha vissuto fino all’ultimo per la musica e per il suo popolo, combattendo per la dignità e i diritti umani. Scrivere al femminile è stato anche un processo creativo ed emotivo molto forte. L’avevo già sperimentato con Alda Merini».

 

redazione

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