Mercoledì 28 febbraio (18.00 – 21.00) sarà proiettato al Multicinema Galleria di Bari (Corso Italia 15, infotel: 080.521.45.63), solo per un giorno, «Eric Clapton: Life in 12 Bars», lo straordinario film evento su una delle figure più iconiche della storia della musica: l’unico ad essere inserito per ben tre volte nella Rock and Roll Hall of Fame, diciotto volte vincitore ai Grammy Award, e universalmente riconosciuto come uno dei più grandi performer di tutti i tempi.
La preziosa biografia è diretta dal premio Oscar Lili Fini Zanuck e racconta al pubblico una storia intima e profonda partendo da una prospettiva inedita. Un racconto reso ancor più personale grazie all’uso della voce over dello stesso Clapton, realizzato mettendo insieme interviste storiche e recenti, oltre a contributi offerti dai suoi più stretti collaboratori, dagli amici e dalla famiglia. Grazie all’accesso esclusivo al vasto archivio privato di Clapton – che comprende le sue più celebri esibizioni, alcune riprese nei backstage, foto famose e inedite, lettere e diari personali – il film permette di capire come la vita di un artista ambizioso dal talento assoluto sia stata segnata dalle tragedie personali, dal sacrificio e dalla droga. All’origine di tutto c’è l’infanzia traumatica di Clapton. Cresciuto circondato da segreti, la destabilizzante rivelazione fattagli dalla madre biologica ha fatto emergere in lui una rabbia autodistruttiva e un senso amaro di diffidenza nei confronti del mondo. Il trauma psicologico lo ha accompagnato per tutta la vita, influenzando la sua arte, le sue ossessioni e le sue amicizie professionali.
Pochissimi altri artisti possono dire di aver influenzato le vite di tanti altri grandi musicisti, così come ha fatto Clapton, che si è esibito con i Beatles, ha duettato con Aretha Franklin, si è innamorato della moglie di George Harrison, Pattie Boyd, e frequentava Jimi Hendrix, che lo definiva «the fairest soul brother in England». Ma la tragedia ha continuato ad aleggiare sulla vita di Clapton. Dopo la sua dipendenza dalla cocaina e dall’eroina, dopo un periodo di astinenza, trova rifugio nell’alcool. Come racconta lo stesso Clapton: «Nei momenti più bui, la sola ragione per cui non mi sono suicidato è stato il pensiero che se fossi morto non avrei più potuto bere».
ufficio stampa Multicinema Galleria di Bari
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