Fondazione Petruzzelli:
Arriva “Robin Hood”, l’Opera per Ragazzi con la musica di Michele dall’Ongaro,
alla conquista del Teatro Petruzzelli dal 19 al 26 maggio, fra matinée e recite pomeridiane.
L’Opera Ragazzi, fra i momenti più attesi dal giovane pubblico, è pronta a conquistare gli spettatori del Teatro Petruzzelli.
“Robin Hood”, che andrà in scena dal 19 al 26 maggio al Teatro Petruzzelli, fra matinée (già tutte esaurite) e recite pomeridiane, nasce da staff creativo di grande livello.
Lo spettacolo, nuova commissione della Fondazione pugliese, avrà la musica del compositore Michele dall’Ongaro ed il libretto di Vincenzo De Vivo. Pietro Mianiti dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro (preparato da Fabrizio Cassi).
A firmare la regia Marcel Sijm, le scene Sanne Danz, i costumi Wojciech Dziedzic, il disegno luci Ge’ Wegman.
Daranno vita all’opera: Giuseppe Tommaso ed Enrico Maria Piazza (Robin Hood), Martina Tragni (Lady Marian), Alexandra Ionis (La nutrice di Lady Marian), Alberto Petricca (Lo Sceriffo di Nottingham), Matteo Torcaso (Frate Tuck), Lorenzo Mazzucchelli (Re Riccardo), Tigran Melkonyan (Little John), Guido Dazzini (Will The Red), Andrea Piazza (Brian Clough).
Michele dall’Ongaro, nato a Roma nel 1957, dopo gli studi al Conservatorio di Santa Cecilia si è perfezionato in composizione sotto la guida di Aldo Clementi. Ha svolto intensa attività di interprete dedicandosi prevalentemente alla musica moderna e contemporanea. Ha collaborato con Luciano Berio, Giorgio Pressburger, Vittorio Sermonti, Michele Serra, Stefano Benni, Claudio e Daniele Abbado, Luca Ronconi, Alessandro Baricco, e con Vincenzo De Vivo per l’opera Bach Haus (2000), riproposta in diversi Teatri e Istituzioni musicali nel corso degli ultimi vent’anni. Le sue opere, pubblicate da Suvini-Zerboni, sono attualmente eseguite dai maggiori interpreti della scena musicale e raccolte in diversi cd monografici. Ha scritto numerosi saggi, articoli e recensioni per le principali riviste del settore. Tra le sue pubblicazioni l’analisi di tutte le opere di Giacomo Puccini. Ha insegnato per circa due decenni nei Conservatori italiani ed è stato tra i fondatori della Scuola Popolare di Musica di Testaccio a Roma. Da quasi 30 anni collabora con la Rai e ha realizzato molti programmi televisivi e radiofonici di carattere musicale. È stato Presidente dell’Associazione Nuova Consonanza, Curatore della attività musicali permanenti alla Biennale di Venezia, Consulente della Fondazione Roma-Europa. Dal febbraio 2015 è Presidente-Sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Il regista olandese Marcel Sijm, pur lavorando in tutte le forme teatrali, come musical, revue e cabaret, si concentra soprattutto sull’opera e sulla musica classica. Ha firmato la regia di La damnation de Faust, Der Freischütz, I Lombardi alla prima Crociata, Aida, Macbeth, Carmen, La carriera del libertino, Il Console, Der Kaiser von Atlantis, A night at the chinese Opera e Robinson Crusoe. Tra le prime mondiali figurano l’opera Jimmy di Edward Top e Biancaneve (Micha Hamel) per la Reisopera Netherlands. Ha debuttato alla regia con l’Opera Nazionale Olandese di Amsterdam con l’opera Legende di Peter-Jan Wagemans, seguita da Kopernikus di Claude Vivier e da un adattamento de Il viaggio a Reims per i giovani.
Conosciamo tutti Robin Hood. È l’arciere protagonista di romanzi, film, fumetti e videogiochi, fedele a Riccardo cuor di Leone, legittimo re d’Inghilterra e nemico giurato dell’usurpatore, il principe Giovanni. Rubava ai ricchi per donare ai poveri, combatteva contro il terribile Sceriffo di Nottingham, guidava una banda di fuorilegge nascosta nella foresta di Sherwood. Per i nonni e bisnonni Robin ha il viso di Douglas Fairbanks (Robin Hood, 1922) o di Errol Flynn (La leggenda di Robin Hood, 1938); per i genitori quello di Kevin Kostner (Robin Hood, il principe dei ladri, 1991); per i più giovani, quello di Russel Crowe (Robin Hood, 2010); per tanti la calzamaglia del protagonista dell’esilarante film di Mel Brooks (Robin Hood, un uomo in calzamaglia, 1993); per tutti, il muso e la coda di volpe del personaggio delineato nei cartoni animati da Walt Disney (Robin Hood, 1973).
In questo spettacolo Robin canta. Si traveste da mendicante e da vecchio eremita per beffare lo sceriffo, inneggia alla libertà, confessa il suo amore a Lady Marian che lo ricambia appassionatamente, libera i suoi compagni catturati e condannati a morte, difende il popolo davanti a Re Riccardo. E insieme a Robin cantano gli altri personaggi della storia, con il testo di Vincenzo De Vivo e la musica di Michele dall’Ongaro, che scrive un’opera per i nostri tempi, dal ritmo veloce e incalzante, che sembra giocare con la musica di ogni tempo, suscitando il ricordo di antiche ballate, arie d’opera, canzoni d’autore, inni nazionali e danze popolari. La storia è presa un po’ dalle leggende inglesi, un po’ dai romanzi scritti da Dumas nell’Ottocento, un po’ dai film e un po’ frutto di fantasia.
“Robin Hood” sarà in programma in matinée a cura dell’Area Educational del Teatro Petruzzelli (già tutte esaurite) e pomeridiane aperte al pubblico sabato 20 maggio alle 17.00 ed alle 18.30 e domenica 21 maggio alle 17.00.
In viaggio per Sherwood di Michele dall’Ongaro
Credo che Robin Hood sia stato il primo libro che ho letto (per mia scelta, dopo Pinocchio, testo obbligato, allora, in prima elementare). Ricordo benissimo: era estate ed eravamo al mare. Probabilmente influenzato dai film (anzi “il” film, quello con Errol Flynn e le pazzesche musiche di Erich Korngold) mi buttai su quel racconto (riadattato chissà da chi per i bambini) di cui l’unica cosa che rammento è la spavalderia del protagonista e il desiderio di assaggiare la carne di cervo.
Quando il sovrintendente Biscardi mi ha proposto (grazie!) di scrivere una breve opera “per le scuole” (ma adatta anche ai genitori) per la stesura del libretto ho subito proposto il nome di Vincenzo De Vivo, con il quale avevo avuto modo di collaborare ad un altro titolo che ci era parso ben riuscito. Pensavo ai tre moschettieri (siamo lì, quasi) ma alla sua idea di puntare al “Principe dei ladri” mi sono subito tornati in mente i pomeriggi estivi e la mia ammirazione per l’aristocratico ribelle, che ruba ai ricchi per dare ai poveri.
È quindi con molto divertimento (e molto impegno) che ci siamo messi al lavoro e siccome De Vivo ed io condividiamo un immaginario occasionalmente infantile non è stato difficile immedesimarsi in un pubblico sbarazzino (quale ne sia l’età anagrafica). Aver poi incontrato sulla nostra strada il regista Marcel Sijm, il suo team creativo e il direttore Pietro Mianiti ha solo aggiunto pepe ad una pietanza che ci sembrava avesse, così, tutti gli ingredienti giusti (e ne approfitto per ringraziare il Teatro Petruzzelli).
E veniamo all’opera: la storia è quella che conosciamo: buoni e cattivi tutti al loro posto. Da un lato, innanzitutto, il popolo. In effetti il coro è particolarmente presente in questo lavoro, anche più di quanto non prevedesse il libretto. Mentre scrivevo mi dicevo: Eh! Ma qui son ancora tutti in scena, perché lasciarli senza far niente? E così, pagina dopo pagina, è diventata quasi un’opera per coro, solisti e orchestra. La colpa è del Teatro, che ha un ottimo coro ed un eccellente Maestro. Inoltre Vincenzo ha fatto cantare perfino la foresta e gli alberi e a questo punto non mi sono più trattenuto. C’è poi chi il popolo lo vessa, ovviamente lo Sceriffo di Nottingahm, un personaggio vile, viscido e patetico al tempo stesso. Alla fine, quando confessa le sue malefatte, è perfino troppo docile, come avesse sempre saputo che la famosa pacchia sarebbe durata poco. Un cattivo riluttante. C’è poi chi il popolo lo difende, innanzitutto: lui. Robin appare quasi subito, travestito. È l’unico personaggio che ha un tema tutto suo (che ritorna verso la fine, durante un’altra apparizione in incognito), una roba un po’ western. Quando arriva potrebbe essere una sorta di Clint Eastwood medievale e dopo un po’ scopriamo di che pasta è fatto. Sentirete. Non sono da meno i suoi amici (Will The Red, Frate Tuck e gli altri) coraggiosi e intrepidi (e incoscienti: quando sembra che stiano per impiccarli non se ne rendono nemmeno conto). L’amata Marion e la sua Nutrice sembrano in apparenza personaggi un po’ defilati (ma hanno un intero quadro tutto per loro) e diventano cruciali quando si tratta di sciogliere i tanti nodi davanti al Re. E si: c’è anche Re Riccardo Cuor di Leone. Arriva alla fine ma in un battibaleno risolve tutto: punisce i malvagi, premia gli eroi, restituisce i beni al popolo. Per finale, gran saltarello di gioia collettiva, tutti cantano insieme ma la Gioia non è totale, ci ricordano, se non c’è anche la Libertà. In fondo questa mi sembra la morale della favola e non solo a Nottingham.
E la musica? Non saprei, giudicate voi, io ho creato qualcosa che mi riportasse a quei ricordi di gioventù, a quel clima di spensierata allegria, a quello scanzonato, ludico e irresponsabile disimpegno, a quella brama – perennemente insoddisfatta – di sfogare le energie che hanno i bambini, sempre caricati a molla e pronti a buttarsi nella mischia esattamente come Robin Hood e i suoi inseparabili amici. Vediamo se ci sono riuscito: buon ascolto e benvenuti nella foresta di Sherwood.
Robin Hood, l’arciere che canta di Vincenzo De Vivo
Sappiamo tutti chi è Robin Hood: l’arciere dalla mira infallibile, fedele a Riccardo Cuor di leone, legittimo Re d’Inghilterra e nemico giurato dell’usurpatore, il Principe Giovanni. Sappiamo che rubava ai ricchi per donare ai poveri, che guidava una banda di fuorilegge nascosta nella foresta di Sherwood e che combatteva contro il terribile Sceriffo di Nottingham.
Ognuno di noi lo immagina in modo diverso: per nonni e bisnonni Robin ha il viso dell’attore Douglas Fairbanks (Robin Hood, 1922) o quello di Errol Flynn (La leggenda di Robin Hood, 1938), per i genitori ha il volto di Kevin Kostner (Robin Hood, il principe dei ladri, 1991), per i più giovani, quello di Russel Crowe (Robin Hood, 2010). Ma siamo in tanti ad immaginarlo con la calzamaglia nel ruolo di protagonista dell’esilarante film di Mel Brooks (Robin Hood, un uomo in calzamaglia, 1993) o con il muso e la coda di volpe del personaggio delineato nei cartoni animati da Walt Disney (Robin Hood, 1973).
Protagonista di romanzi, film, fumetti e videogiochi, Robin è sempre attuale, anche tra i millennials. Perché non farlo cantare in un’opera? Ce lo siamo detti con il compositore Michele dall’Ongaro, quando il Teatro Petruzzelli – a cui va tutta la mia gratitudine – ci ha proposto un nuovo titolo destinato ai ragazzi e alle famiglie.
Sono corso a documentarmi sulle fonti: a riguardare i film, rileggere i due romanzi di Dumas – che nell’Ottocento aveva riproposto la figura dell’arciere all’attenzione dei lettori affascinati dalle storie medioevali – ritrovare le ballate scozzesi che dal XVII secolo parlano di Robin, figlio illegittimo di una figlia di Re Riccardo, partorito nel cuore di una foresta. Quei versi destinati al canto mi hanno ricordato di come l’arciere abbia incontrato e sfidato su un ponte stretto e lungo il gigante Little John – che da avversario ne diventò un fedele compagno – e di come abbia scambiato le sue nobili vesti con gli stracci di un pellegrino per travestirsi e salvare tre “scudieri” condannati a morte in modo sommario come cacciatori di frodo. Mi ero imbattuto in un’altra ballata, Broom of the Cowdenknowes, nota anche come Bonny May, che parla di un fiore dal colore giallo vibrante – lo scotch broom- comune in tutta la Scozia: da lì avevo preso alcune espressioni per le strofe che Robin – nei panni di un cantore di strada – intona entrando nel villaggio. Quelle ballate dal fascino malinconico mi avevano suggerito di associare verdi betulle e biancospini fioriti alla tristezza di Lady Marian, lontana dal suo Robin ed insidiata dallo Sceriffo di Nottingham. Una diversa suggestione mi era giunta da un’amica assai cara, che mi invitava dar voce ad alberi ed animali della foresta di Sherwood, nella magia della notte di San Giovanni, quando Robin e Marian celebrano il loro amore. Avevo ricevuto anche un altro suggerimento, di tutt’altro genere, da mio figlio, esperto del mondo dello sport: sottolineare il legame che unisce Bari a Nottingham, il cui club calcistico si chiama “Nottingham Forest” ed ha gli stessi colori – bianco e rosso – della città e del “Calcio Bari”. Per questa ragione ho deciso di chiamare Brian Clough il terzo compagno di Robin Hood, dandogli il nome di colui che per diciott’anni fu l’allenatore del “Notthingham Forest”, portandolo a vincere la Coppa dei Campioni, la Supercoppa Europea e più volte la Legue Cup.
Avevo appena cominciato a delineare il soggetto e abbozzare la struttura dell’opera, che già dall’Ongaro mi mandava la musica della scena iniziale, con il coro festante intorno all’albero di Maggio assecondato da un bonario Fra’ Tuck. Mi è subito venuta in mente Prima la musica e poi le parole – l’opera di Salieri e Casti che rivaleggiò alla corte di Vienna con L’Impresario di Mozart – e mi sono messo di buona lena a scrivere il testo, mentre i versi arrivavano di getto per seguire l’andamento danzante della musica.
Ho fatto di tutto per completare il libretto il più velocemente possibile, per non dare al compositore il pretesto di precedermi anche per le restanti scene. Non è stato difficile, perché si era già avviato tra noi quel gioco di proposte e richieste, citazioni dal melodramma e reminiscenze di tutta la storia della musica – bombe innescate gettate sul percorso di testo e partitura – che conoscevamo fin dal 2000, quando scrivemmo insieme Bach Haus: commissionato dall’Opera di Roma, il nostro intermezzo in un atto era stato un atto d’amore per il sommo compositore e un inseguimento all’ultimo respiro (le pagine finali furono strappate dalle mani di dall’Ongaro prima dell’ultima prova d’assieme).
Ma questa volta non c’è stato bisogno di attendere, perché la Musa si è presa la cura di assistere con sollecitudine il maestro. La partitura è felicemente arrivata nelle mani del sovrintendente Biscardi e del regista Sjim nei tempi convenuti: un’opera per i nostri tempi, dal ritmo veloce e incalzante, che sembra giocare con la musica di ogni tempo – suscitando il ricordo di antiche ballate, arie d’opera, canzoni d’autore, inni nazionali, danze popolari – e rivela tutta la sensibilità e la sapienza di un compositore che conosce profondamente sia l’avanguardia, sia la tradizione.
Non vedo l’ora di sapere se il pubblico sarà d’accordo con me.
Robin Hood: eroe antico o contemporaneo? Note di regia di Marcel Sijm
Quando il Sovrintendente Biscardi ci ha chiesto di mettere in scena la nuova opera Robin Hood di Michele dall’Ongaro, non ci sono stati dubbi: abbiamo accettato con grande entusiasmo.
Robin Hood non è solo un eroe leggendario appartenuto ai tempi antichi, ma dovrebbe diventare un eroe contemporaneo. Con la distanza sempre più drammatica tra chi possiede tanto e chi non ha nulla per vivere, propria dei nostri tempi, avremmo bisogno di creare un nuovo Robin Hood. L’arte può fare molto in tal senso ed anche se non è in grado di cambiare materialmente il mondo, può tuttavia fornire spunti di riflessione e molte idee ai giovani che forse saranno in grado di farlo in futuro: dunque, l’obiettivo davvero importante da raggiungere è stato entrare nella loro fantasia.
Nell’affrontare il lavoro abbiamo avuto un duplice compito, anzitutto fare ciò che richiede una produzione per il giovane pubblico: divertire il più possibile condividendo con loro il nostro grande amore per il teatro e la musica. In secondo luogo, aprire un po’ i loro occhi sulla società per certi aspetti feudale in cui purtroppo ancora oggi viviamo, dove le persone di potere con larghi mezzi decidono per tutti gli altri. Non siamo gli unici a chiederci se sia giusto affidarsi a dei fuorilegge per risolvere tutto questo e forse una rivoluzione non sarebbe poi così male. Si sa che i ricchi non andrebbero mai da Robin Hood volontariamente a consegnare i loro averi.
La deliziosa musica di Michele dall’Ongaro e il libretto giocoso di Vincenzo De Vivo ci hanno dato strumenti sufficienti a ripensare completamente il mondo di Robin, poiché per come lo abbiamo conosciuto attraverso i media, i libri e i meravigliosi film con Errol Flynn e Kevin Costner, non eravamo sicuri che avrebbe funzionato sul palcoscenico di un teatro d’opera. Così abbiamo preferito creare un nuovo mondo attorno a Robin usando la nostra fantasia. Sanne Danz ha costruito in collaborazione con il balloon artist Timnotsimon, una meravigliosa foresta su cui Gé Wegman ha creato le sue magiche luci con l’aiuto di Leandro Summo: insieme hanno dato alla scenografia l’aspetto di un ambiente in continua trasformazione. Per le scene di festa nel villaggio il costumista Wojciech Dziedzic ha tratto ispirazione dal variegato e fantasioso mondo delle feste popolari. Uno sforzo creativo per migliorare più mondi: quello illusorio in cui ci immergiamo nel momento magico dello spettacolo e quello reale del nostro futuro, dove speriamo di trovare più giustizia.
Trama
ATTO UNICO
Primo quadro | Piazza di un villaggio vicino a Nottingham
In un villaggio vicino a Nottingham tutti festeggiano la primavera. Fra Tuck invita il popolo alla preghiera ma tutti sono presi dai festeggiamenti. Arriva Robin Hood travestito da mendicante e si unisce all’allegria degli altri. Sopraggiunge lo Sceriffo che costringe tutti a bere con lui, ma poi annuncia che ci sarà bisogno di arruolare più uomini nell’esercito e perciò aumenteranno le tasse. Fra Tuck si oppone e viene arrestato. Robin arriva in soccorso del frate, insieme a tre dei suoi compagni che si erano nascosti tra la gente: in pochi istanti scacciano lo Sceriffo e le sue truppe. Robin avverte gli abitanti del villaggio che lo Sceriffo sicuramente tornerà a vendicarsi di loro e pertanto invita tutti a seguirlo nel bosco. Gli abitanti del villaggio partono con lui inneggiando alla libertà.
Secondo quadro | Le stanze di Lady Marian nel castello di Nottingham
Marian è malinconica: pensa a Robin, il suo amore lontano. La sua nutrice, pur se avvilita per l’umore della fanciulla, la conforta e la invita a sperare. Giunge lo Sceriffo: porta una lettera del Principe Giovanni che lo autorizza a sposare Marian. Le due donne gli rispondono che per farlo è necessario il permesso del fratello di Marian e del Re, entrambi impegnati in guerra in terre lontane. Ma lo Sceriffo afferma che il matrimonio dovrà aver luogo il giorno successivo per ordine del Principe e se ne va a preparare la cerimonia. Mentre Marian si dispera, una freccia si conficca in un’imposta della finestra: c’è un biglietto di Robin. Egli è al corrente dei piani dello Sceriffo e le suggerisce di fuggire con lui nella foresta. Marian e la Nutrice si preparano alla fuga.
Terzo quadro | Una radura nella foresta di Sherwood
Tutti i fuorilegge sono nella foresta di Sherwood e celebrano la notte di San Giovanni. Robin manda tutti al fiume per accendere i tradizionali fuochi, e resta solo con Marian, mentre la natura intorno a loro canta l’amore universale. Il colloquio dei due innamorati è improvvisamente interrotto da Little John: al fiume i fuorilegge sono caduti in un’imboscata dei soldati di Nottingham. Robin e Little John corrono in soccorso dei compagni.
Quarto quadro | La corte del castello di Nottingham
I tre compagni di Robin sono stati catturati e saranno impiccati. Mentre lo Sceriffo legge la loro condanna, appare un vecchio eremita che chiede a Nottingham di confessare i condannati prima dell’esecuzione. L’eremita altri non è che Robin travestito: chiedendo a tutti di chiudere gli occhi durante la preghiera, egli libera e arma i tre fuorilegge.
La battaglia di Robin e dei suoi compagni contro i soldati di Nottingham è incoraggiata dal popolo, ma viene interrotta dal trombettiere che annuncia l’arrivo di Re Riccardo.
Entrando nel cortile del castello, il Sovrano chiede a Nottingham di spiegare la ragione di quello scontro armato: lo Sceriffo accusa i fuorilegge e il popolo di essere ribelli. Robin accusa a sua volta lo Sceriffo di essere un tiranno dai modi disumani. Fra Tuck, Marian e la Nutrice arrivano in tempo per sostenere la causa di Robin. Il Re crede a Robin, fa arrestare lo Sceriffo e restituisce a tutti la libertà.
Redazione