“FUTURPLAYSPORT” IL NUOVO ALLENAMENTO MADE IN BARI PER DIVENTARE UN CALCIATORE FUORICLASSE
DI ALARICO LAZZARO
Ci sono storie che meritano di essere raccontate. Innovazioni che coniugano passioni ed esperienze di una vita. Quella che Diego Berardino Santoro ha dedicato alle arti ed allo sport, divenendo promotore di un metodo che a sua detta rivoluzionerà il mondo degli allenamenti calcistici e non solo.
Quando mi racconta la sua storia ha da poco registrato presso la Siae il suo “FUTURPLAYSPORT” ed è euforico. In attesa di poter mettere in pratica la sua innovazione Diego ci racconta le esperienze e gli eventi che lo hanno portato a concretizzare le sue teorie.
Buonasera Diego, ci racconti di lei e di come ha iniziato a concepire il suo metodo di allenamento.
Quella che adesso è un’opera inedita mi riempie di emozione. Dovete sapere che il mio metodo affonda le sue radici nel teatro. Sono stato per molti anni nell’ambito delle esperienze di recitazione. Quando lavoravo facendo volantinaggio per Radio Bari 100 venni a conoscenza della possibilità di fare dei provini per il prossimo film di Gianni Amelio (Così Ridevano, 1998) un grande maestro del cinema. Alla fine nonostante due grandi prove interpretative, per necessità di sceneggiatura la scelta degli attori ricadde su due baresi della città vecchia. Fu comunque un’esperienza meravigliosa, ed anche bizzarra poiché per il secondo provino necessitavo di una “famiglia” in scena, ed una commessa del vicino negozio Benetton fu molto gentile a prestarsi a questa interpretazione come mia moglie.
Cosa accadde dopo questa esperienza?
Capii che la recitazione poteva essere una grande opportunità e tornando a fare volantinaggio mi resi conto che a qualche isolato da dove lavoravo avevano aperto la sede di un corso di formazione per la recitazione. La prima volta ad accogliermi fu Vittorio Cosentino (fondatore del Kursaal Santalucia) che divenne il mio mentore e mi suggerì che per diventare un vero attore, dovevo essere in grado di essere un vero e proprio “giocoliere” della recitazione. Sapendosi destreggiare nella recitazione, ogni attore poteva inscenare sia drammi che commedie. Da lì ho iniziato ad essere particolarmente versato in questa arte.
Quale fu l’evento cruciale che cambiò la sua carriera?
Avevo imparato molto da Vittorio Cosentino, e quando incontrai Pietro Genchi non esitai ad unirmi al suo progetto di recitazione. Alla Fiera del Levante inscenammo “Le Battagliere” con la partecipazione straordinaria di Gianni Ciardo. Le mie prime scene furono una comica, ed una drammatica. Quella drammatica metteva in scena un funerale, le successive un battesimo ed una presentazione del figlio di Gianni, Renato Ciardo, in chiave dissacrante ed ironica. Fummo oggetto di ovazioni e la nostra performance ormai datata 2001 spopolò su YouTube a distanza di alcuni anni. Oggi conta più di 35.000 visualizzazioni, e non sono pochi gli amici ed i semplici conoscenti che continuano a chiedersi come abbia fatto ad improvvisare in maniera così scenicamente concreta e soprattutto così incisiva tra comicità e dramma.
Come mai ha interrotto questa partnership nonostante il grande successo?
Oltre a fare l’attore, ho sempre lavorato come pizzaiolo ed ho sempre saputo che il duro lavoro va ripagato e premiato. Dopo il grande exploit chiesi un contratto ufficiale, ma al primo diniego e rifiuto ho dovuto lasciare il progetto. Un vero peccato, considerato che “I Battaglieri” furono un’opera in cui la società barese si vide ben riflessa e rappresentata.
Ha continuato con la recitazione?
Si, ma in sedi differenti. Il giornalista Raimondo Cucciolla volle incontrarmi e coinvolgermi in un progetto che nacque nel 72, “Testi&Umori”. Il giornale aveva un programma radiofonico con un nome particolare. Si chiamava “Occhio che notizia, che sia vera o sia fittizia”. In radio davo vita alle interpretazioni sonore di personaggi illustri come Sgarbi o Trapattoni. Ma alla fine anche quel progetto finì e tornai a lavorare in pizzeria, pur coltivando la mia altra grande passione: il calcio.
Il ritorno sui campi è il preambolo della sua innovazione?
E’ iniziato tutto da li’, nonostante la mia età avanzata rivedevo nel calcio le abitudini che dovevo esercitare nell’arte della giocoleria per prepararmi alla recitazione. Era tutto strettamente collegato e la destrezza del manipolare più oggetti senza sbagliare mi ricordava i movimenti dei calciatori, i riflessi dei portieri e le traiettorie dei passaggi. In campo me la cavavo bene, molto meglio di compagni di squadra anche più giovani.
In cosa consiste il suo metodo?
Il mio è un sistema di allenamento propedeutico per gli sportivi. Completa un allenamento calcistico basilare integrandolo con esercizi di giocoleria con non più di tre palline. Così l’obiettivo diventa sviluppare i riflessi, aumentare la capacità di destreggiarsi sul rettangolo verde, e come un attore si cala in più personaggi, il calciatore è in grado di spaziare. Diventare dei “fantasisti” è l’obiettivo di coloro che seguono il “FUTURPLAYSPORT”.
Quale iter ha seguito una volta messo a punto il metodo?
Devo molto a due persone in particolare: l’avvocato Alberto Melica ed il giornalista Michele Traversa. Il primo mi ha permesso di credere in questo progetto mettendomi in contatto con le prime società professioniste, che attendono video dimostrativi. Il secondo mi ha aiutato a tradurre il testo che ho registrato alla SIAE, mi permette di poter diffondere questa iniziativa tra i lettori e mi è stato accanto nei momenti difficili, soprattutto quello della scelta del nome, un momento drammatico per cui non ho letteralmente dormito per dieci giorni.
Diego, che risvolti ha il suo metodo di allenamento e a cosa si ispira?
Vivo con passione il calcio da quando ho 30 anni. Il Metodo è incentrato sulla fantasia, sulla lungimiranza. Sulla capacità di rendere efficace il gioco di squadra e di rivoluzionare gli allenamenti una volta usciti anche dal difficile periodo di pandemia.
In Italia il gioco stenta, la nostra abitudine dei lanci lunghi ha reso difficile per le nostre squadre rimanere al passo degli stili di gioco più complessi. Il Tiki-Taka con cui la Spagna ha dominato per anni ha lo stesso fondamento: elasticità, dinamismo, divertimento ed efficacia. Il metodo migliora riflessi e tenuta atletica, permette di risparmiare energia e di non essere sopraffatti dagli avversari. Essendo un allenamento totale aiuta anche i subentranti dalla panchina. Gli avversari si intimoriscono quando vedono in campo altri 5 innesti dalla panchina dello stesso livello dei titolari.
E’ un metodo limitato al calcio, o ha altre ramificazioni?
E’ un metodo adatto a tutti gli sport con la palla. Si lavora sui rimbalzi e penso al tennis per esempio.
Leggere il rimbalzo significa leggere con anticipo la mossa dell’avversario. E’ un metodo che mira a rendere fantasista anche il portiere, ed è un metodo che si base su un punto cardine: l’intuito.
Lo stesso che ha avuto lei nell’idearlo.
La mia vita da attore e la giocoleria per prepararsi a recitare mi hanno insegnato molto. Ora ho voglia di allenare. Se calciatori più esperti saranno scettici non vedo l’ora di poter insegnare ai giovani. Sarebbe un sogno allenare le generazioni del futuro.
Un metodo che nasce a Bari, con la squadra spesso in difficoltà proprio per la fantasia nel produrre gioco, caso fortuito o segno del destino?
Un metodo che nasce in Puglia è un metodo che nasce nel tacco dell’Italia. Magari il mio metodo sarà utile a segnare più gol di tacco ed aggiungere nuova fantasia al modus operandi degli allenamenti attuali, che sono duri ma necessari. Per quanto riguarda il Bari, riprendo le parole di Vincenzo Tavarilli. Dopo Cassano a Bari non ci sono stati più fantasisti. Il calcio va innovato anche per riportare le squadre a sognare con i grandi numeri 10, che magari diano continuità. Cassano dopo quel goal meraviglioso all’Inter si è perso.
Ha calciatori di riferimento che vede tagliati per questo mix di sport e giocoleria?
Ci sono tanti buoni giocatori oggi. In molti nascono dotati e fanno la storia di questo sport, come Zidane, Platini e penso anche a Del Piero, ma i Maradona ed i Pelé sono unici. Lo stesso Diego ha individuato in Messi il suo unico erede. Riportare i fantasisti nel calcio è necessario. Tutti possono diventare dei veri 10 divertendosi, ma soprattutto spaziando ed essendo abili ed intelligenti nell’approccio alla disciplina.
Che cosa sente di consigliare a tutti coloro che durante questa crisi pandemica hanno avuto delle intuizioni ed hanno saputo reinventarsi?
Scrivete. Bisogna insistere sulle proprie idee, ma per farlo serve sempre metterle nero su bianco. Come ho fatti in queste settimane. Registrare alla SIAE FUTURPLAYSPORT è stato il primo passo per un futuro che sogno da tempo. Il mio è un tipo di allenamento quotidiano che adatta l’arte della giocoleria, della recitazione e della versatilità a quella sportiva. Tutte le mie esperienze passate mi hanno aiutato ed io reputo proprio il passato, la vera risorsa per il futuro.
Diego ha una risata molto contagiosa. Ci ha raccontato il suo passato con numerosi eventi che lo hanno portato a vivere numerose evenienze e peripezie.
Così co ha permesso di comprendere quanto un’idea che mette assieme arte e sport possa essere efficace. Ora Diego attende una chiamata decisiva, ed è determinato a mostrare il pragmatismo di un metodo esclusivo ed innovativo.
E noi, per un’idea così particolare, non possiamo che fargli i migliori auguri ed augurargli buona fortuna. Sarebbe molto significativo se un metodo di allenamento capace di completare le sessioni ordinarie e quotidiane degli sportivi nascesse proprio a Bari, dove nonostante le fortune alterne di una squadra spesso costretta ad essere relegata nelle categorie inferiori, “si mangia pane e pallone”.
Buona fortuna Diego, e sopratutto crederci sempre!
Redazione