Il maro’ Massimiliano Latorre fa causa allo Stato e chiede maxi-risarcimento

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La vicenda dei due fucilieri di Marina pugliesi sembrava chiusa per la giustizia e per l’opinione pubblica dopo l’archiviazione dell’accusa di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani in una missione antipirateria a bordo della nave mercantile Enrica Lexie. “Fu legittima difesa”, ha stabilito il gip di Roma lo scorso febbraio, dopo dieci anni di controversie giudiziarie internazionali.

Ma ora ad aprire un nuovo fronte, questa volta nelle vesti di ‘accusatore’, è Massimiliano Latorre che con un’azione legale avviata nei mesi scorsi, ha chiesto allo Stato un maxi risarcimento per non averlo tutelato nel corso della vicenda danneggiando la sua carriera, la sua sfera privata e la sua libertà anche dopo il rientro definitivo in patria. E anche per averlo rispedito due volte in India esponendolo al rischio della pena di morte.

Accuse che presto potrebbe rivolgere allo Stato anche il commilitone Salvatore Girone che al momento ha inviato ‘solo’ una “lettera con toni amichevoli” alla Marina chiedendo di “ripagare il danno subito”, ricevendo però, spiega il suo legale Enrico Loasses, “una risposta negativa”. Latorre è rappresentato dai legali Silvia Galeone e Fabio Anselmo. Quest’ultimo spiega che “la gestione da parte del governo italiano non è stata soddisfacente e in linea con il rispetto delle loro situazioni personali, umane e familiari: è chiaro che quello che hanno sofferto i due militari merita considerazione da parte dello Stato”. “Penso – prosegue il legale – si confidi anche sul fatto che l’attuale governo, i cui esponenti politici sono sempre sembrati particolarmente sensibili nei confronti dei due militari, si faccia carico di ciò che deve essere loro riconosciuto”. La richiesta di risarcimento ora è nella fase preliminare della causa vera e propria, ovvero una mediazione in cui si tenta di comporre in maniera ‘amichevole’ la lite giudiziaria. Nella richiesta “vengono rappresentate – evidenzia Anselmo – le sofferenze patite per tutta la gestione che viene criticata, compreso il ritorno in India con la pena di morte”.

Quanto all’ammontare della richiesta di risarcimento, il legale non entra nel dettaglio ma spiega che “è chiaro che hanno passato circa dieci anni un calvario molto pesante, personale, giudiziario e non solo”. Nonostante la loro riservatezza, imposta anche dal segreto militare, Latorre e Girone dopo l’archiviazione delle accuse in Italia non hanno più nascosto il loro disappunto. Girone, in un post che risale a fine agosto, ha ricordato i giorni della detenzione dicendo di non riuscire a credere “come il nostro governo italiano non abbia avuto la prontezza e le competenze per difenderci da quelle pugnalate e dal quel terrore che rimarrà negli occhi e nella mente per il resto della mia vita”. Latorre, invece, in una intervista ha parlato di “dieci anni segnati da momenti difficili” e ha detto che nel suo attuale incarico in Marina, “dietro una scrivania”, si sente come “un leone in gabbia”. I fucilieri furono arrestati nello Stato del Kerala a febbraio del 2012.

Nei primi due anni tornarono due volte in Italia, per una licenza a Natale e per votare. In entrambi i casi dovettero rientrare in India. Nel 2014 Latorre tornò e rimase in Italia per curarsi dopo un ictus che lo colpì nell’ambasciata italiana a Delhi dove furono entrambi trasferiti dopo 106 giorni di prigionia. Girone rientrò in patria definitivamente nel 2016 dopo un lungo lavoro diplomatico.

Redazione

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