BARI, 21 gennaio 2019. “Un tavolo di lavoro a cui ci siamo seduti per incontrare le delegazioni di Puglia, Basilicata, Calabria, Abruzzo, Molise e Sicilia e con loro indagare di cosa hanno bisogno i nostri colleghi del Sud per portare all’attenzione delle istituzioni richieste chiare e proposte concrete e che possa far bene alle imprese del Mezzogiorno” Così Paolo Agnelli, Presidente nazionale Confimi Industria, ha aperto l’incontro svoltosi nel pomeriggio di oggi a Bari dove, con il Direttore Generale Fabio Ramaioli, il presidente Confimi Puglia Sergio Ventricelli con delega all’Albania e all’Industria Culturale, e il direttore generale di Confimi Puglia Riccardo Figliolia, sono intervenuti imprenditori e rappresentanti delle delegazioni del Sud del Paese.
Una riunione operativa, che ha permesso di raccogliere spunti, osservazioni e scambi di idee con i vertici delle associazioni. Un tavolo necessario per discutere il rilancio dell’economia delle imprese del Mezzogiorno che percorre essenzialmente due vie: la semplificazione del rapporto con la Pubblica Amministrazione e la dotazione di capitale alle imprese. Questi i punti focali della relazione programmatica presentata durante l’incontro, ed elaborata dal responsabile del Centro Studi Confimi Industria Puglia Canio Trione. Sarebbe auspicabile che il concetto di ZES (Zone economiche speciali, ndr), si è detto, sia esteso dal prelievo fiscale al sistema burocratico affinché a zone economiche diverse siano applicate regole diverse, facilitando l’accesso soprattutto a chi sceglie l’auto-impiego. Non meno prioritaria la questione del credito, che favorirebbe i flussi di liquidità, il mercato delle imprese stesse e i loro investimenti, i quali godrebbero di una maggiore sostenibilità dei crediti stessi.
“Il parco imprese del Sud, pur non avendo sufficienti dotazioni di capitale e di credito bancario, è intrinsecamente competitivo per l’abnegazione dei propri imprenditori e per la dedizione degli addetti – ha aggiunto il presidente Confimi Puglia Sergio Ventricelli. Con le centinaia di migliaia di partite iva di piccole e medie imprese, alle quali vanno aggiunte quelle nascenti che per prime vanno incoraggiate su questo percorso, si potrebbe risolvere totalmente la questione occupazionale. Sarebbe sufficiente, se le aziende fossero messe nelle condizioni di assumere la media di un addetto in più”.