Volge al termine un anno nel quale sono state stravolte non solo le nostre abitudini, bensì l’intera nostra esistenza.
La stabilità lavorativa e quella economica, specie per chi già faticava per arrivare a fine mese, si sono ulteriormente ridotte.
La larvata socializzazione che si faceva largo nelle piazze, nei bar, sul luogo di lavoro o a scuola, si è trasformata in un flusso digitale di dati. Il senso di vuoto che ne è derivato, unitamente all’isolamento individuale, accresciuto dalle misure restrittive imposte da una oligarchia, che si fa scudo della maschera del politico o dello scienziato, anche tramite il sostanzioso ausilio dei media, che confondono con notizie contraddittorie, hanno limitato e limitano la possibilità di ragionare su dati reali, che appaiono, invece, spesso manipolati. Il perenne stato di ignoranza e dipendenza ha come effetto la più totale inazione.
La guerra è quella contro un nemico invisibile, nella quale militari e polizia non potrebbero non avere un ruolo di primo piano, specie per quanto attiene la sorveglianza e la difesa del muro di menzogne che costituisce la verità ufficiale.
Gli interessi di un gruppo ristretto, camuffati dietro la retorica patriottarda del buon senso e dell’andrà tutto bene, hanno spesso mostrato la corda; quello che manca non è l’uomo forte che ci guidi alla salvezza, bensì la liberazione dalle catene ideologiche e materiali che continuano ad alimentare meccanismi e apparati di potere, la consapevolezza della loro fragilità e di un possibile qui e ora, atto a costruire un futuro migliore; se non si vuole, infatti, semplicemente esistere ma vivere, occorre tornare a coniugare passione sociale e amore individuale.
Gennaro Annoscia