Lunedì 10 marzo, al Multicinema Galleria di Bari, interverrà in sala allo spettacolo delle 20,45 – prima e dopo la proiezione speciale di «No More Trouble – Cosa rimane di una tempesta» – il regista Tommaso Marinelli. Il film, distribuito da Tucker Film, è la storia di un padre, di una madre e di un’onda assassina. Ma soprattutto, è l’indagine sentimentale di un figlio. Un figlio che di quel giovane padre, così appassionato e avventuroso, non ricorda nulla. È la notte del 3 aprile 1998, al largo delle coste francesi. L’equipaggio di Giovanni Soldini, a un passo dal record sulla traversata atlantica New York-Cape Lizard, sta fronteggiando una depressione atmosferica violentissima: mare forza 9, raffiche a 80 nodi, onde di 25 metri. Andrea Romanelli si trova al timone di FILA, barca del futuro che lui stesso ha progettato pochi mesi prima, quando in un istante un’onda anomala gigantesca la fa rovesciare. Andrea è l’unico disperso e non sarà mai più ritrovato. Venticinque anni dopo, attraverso il linguaggio del cinema, la memoria diretta dei testimoni e la potenza dei materiali d’archivio, Tommaso Romanelli avvia una ricerca alla scoperta del padre: l’ingegnere visionario, il velista senza paura, il dolcissimo marito di Fabrizia. Cosa rimane di una tempesta? Rimane il viaggio di un figlio. Un racconto che parla di nostalgia, di passioni e dei grandi amori che custodiscono il senso ultimo della vita.
Biglietti acquistabili in cassa e on line (costo 7 euro), su multicinemagalleria.18tickets.it, info 080.521.45.63.
«Quando a poco più di trent’anni mio padre scomparve in mare – spiega Tommaso Marinelli -, io avevo quattro anni. Non ho ricordi di lui. Per tutta la vita la sua immagine si è formata in me quasi esclusivamente a partire dalle parole e dai ricordi di mia madre, finché cinque anni fa, un po’ casualmente, ho trovato in casa delle videocassette. Cinque figure, avvolte nelle cerate rosse e gialle, nel mezzo della tempesta: erano le immagini della traversata dell’Atlantico della barca Fila durante la quale mio padre e i compagni di equipaggio si erano filmati con una videocamera fino a pochi momenti prima del naufragio. Si trattava di Giovanni Soldini, Andrea Tarlarini, Guido Broggi e Bruno Laurent. Per me, in quel momento degli estranei.
In una ripresa, mio padre Andrea guarda in camera mentre è al timone. Nel momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati, immediatamente l’ho riconosciuto. Il suo volto, la sua voce, la sua gestualità, sono stati una folgorazione.
Quelle immagini, riemerse da un passato che non conoscevo, mi hanno scosso profondamente. Mi sono subito chiesto se esistessero altri video di mio padre di cui non sapevo. Attraverso quei materiali avevo la sensazione che sarei riuscito finalmente a incontrarlo, a conoscerlo, a capire forse cosa gli fosse successo. È iniziata così una ricerca, che nel corso di quasi quattro anni, mi ha portato a raccogliere un enorme archivio: gli 8mm girati da mio nonno, filmini di famiglia dei miei genitori, video industriali in cui vedevo per la prima volta mio padre, giovane ingegnere, lavorare al cantiere Tencara del Moro di Venezia e poi le grandi regate e traversate con Giovanni Soldini. Naturalmente anche tantissime fotografie, articoli di giornale, i suoi diari di bordo, appunti e progetti nautici. E infine due audiocassette registrate da mio padre durante la Mini Transat, una regata in solitario che aveva affrontato su una vecchia barca di legno di sei metri che aveva rimesso a nuovo, American Express.
Questo documentario è stato un viaggio difficile e doloroso per me, per mia madre e la mia famiglia. Un viaggio che mi ha portato a incontrare tante persone che avevano condiviso con lui la giovinezza, il sogno della vela fino agli ultimi istanti della sua vita. Affrontando il dolore dell’assenza e della perdita, ho scoperto la potenza dell’amore e delle passioni, le uniche forze che muovono e riempiono la vita di lampi di felicità. Ho trovato quello che davvero resta».
redazione