L’ Ipse dixit: Dis – appunti su dignità e libertà nella scuola italiana (di Gennaro Annoscia)

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Trovo compassionevole l’ostinazione con cui tanti insegnanti continuano ad attribuire a Galileo Galilei quell’<<eppur si muove>>, pronunciato, a loro dire, al cospetto del tribunale dell’Inquisizione del Sant’Uffizio, nel 1633, al termine dell’abiura delle sue teorie astronomiche.

 

In realtà, Galilei non pronunciò mai questa frase; ad attribuirgliela, in un’antologia in difesa dello stesso Galilei, fu Giuseppe Baretti, nel 1757.

Ma, al di là di questo, piuttosto che pensare all’<<ipse dixit>> contro cui lottava Galilei, questi insegnanti farebbero bene a badare al loro <<ipse dixit>>, contro cui, invece, non lottano; suscita, infatti, un misto di pena, rabbia e disgusto il loro sguardo e l’intero loro atteggiamento, quando, con voce querula, ripetono: “Quello è il preside!”, “L’ha detto il preside!”. Sembrano, infatti, quasi volere rinunciare alla loro dimensione umana e, di conseguenza, alla loro dignità.

È innegabile che nel processo di scadimento della propria professionalità e umanità la maggioranza dei docenti ha grandi responsabilità, non essendosi opposta ai vari passaggi distruttivi della scuola pubblica: piegandosi a scrutini umilianti, con voti contraffatti; a Collegi dei docenti divenuti mera <<assemblea da zitto e approva>>; ai farseschi quiz Invalsi; all’ingerenza di interessi privatistici e imprenditoriali nelle attività riservate all’alternanza scuola-lavoro, configurata come vera e propria introduzione alle logiche del mercato e del profitto, anche in considerazione delle risorse economiche sottratte all’istruzione pubblica e regalate, invece, alle imprese; passivamente subordinandosi alle bieche imposizioni di tanti presidi-padroni e del loro entourage.

Perché la scuola possa tornare alla sua primaria attività formativa ed educativa, recuperando qualità culturale e didattica, occorrerà davvero molto tempo.

È bene, tuttavia, che qualcuno cominci a capire che non siamo più nell’epoca del tribunale dell’Inquisizione, ma se non vogliamo tornarci, in qualsivoglia forma, è giusto affermare il senso della propria dignità.

Riaffermare il senso della propria dignità vuol dire riaffermare il senso della propria libertà, riaffermare il senso della propria dignità e libertà vuol dire riaffermare il senso della dignità e libertà di tutti.

 

Gennaro Annoscia                  

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