Era il 1705 quando, secondo la leggenda, la Madonna apparve ad un sacerdote di Capurso gravemente ammalato, Don Domenico Tanzella, promettendogli una miracolosa guarigione se avesse bevuto dell’acqua del pozzo detto di Santa Maria, e qualora promettesse erigere a suo culto una capella interina. Il sacerdote bevve di quell’acqua e guarì, in seguito diede concretezza alle promesse. Tanzella volle, tuttavia, visitare il pozzo e accompagnato dal fratello Lorenzo, da Michelangelo Portincasa e dal pittore Giovanni Battista Converso scese nel pozzo e vi scoprì, dipinta sulle pareti, un’immagine della Madonna con il bambino. Di qui l’origine del culto per la Madonna detta, dal luogo del rinvenimento della sacra immagine, de Puteo.
Seguirono una serie di particolari racconti intorno al miracoloso ritrovamento: mentre il sacerdote e i suoi amici scendevano nel pozzo con una scala a pioli, la candela accesa tenuta in mano da uno di loro cade nell’acqua del pozzo, ma non si spense. Ripresi dallo stupore e scesi all’interno del pozzo, cercarono di rimuovere la sacra immagine per portarla in paese, ma si videro l’immagine da sè staccarsi dal muro del pozzo, e darsi nelle mani del pio sacerdote. La notizia dell’evento si diffuse rapidamente per tutto il regno di Napoli, anche per merito di Gian Lorenzo Pappacoda, Marchese di Capurso. L’icona fu subito trasferita nella chiesetta fatta erigere dal Tanzella; il luogo fu ben presto visitato da numerosi pellegrini. Un pellegrinaggio continuato negli anni sino ad oggi, certamente in forme diverse rispetto al passato. Sull’immagine si raccoglie la curiosità e la fede dei tanti devoti. Per questo abbiamo interpellato un esperto: l’iconografo Antonio Calisi.
“La Chiesa non ha mai esitato ad affermare a più riprese la legittimità del culto prestato alle icone di Cristo, della sua Madre e dei santi, e ha spesso ammaestrato i fedeli sul significato di tale culto. La venerazione verso le immagini della beata Vergine Maria viene espressa non di rado ornando il suo capo con una corona regale. Se poi la santa Madre di Dio viene effigiata col divin Figlio in braccio, si incoronano tutte e due le immagini. Nell’azione rituale s’incorona prima l’immagine del Figlio e poi quella della Madre. La consuetudine di raffigurare la beata Vergine Maria ornata di un diadema regale andò affermandosi, sia in Oriente che in Occidente, fin dai tempi del Concilio di Efeso (431). Gli artisti cristiani dipinsero spesso la gloriosa Madre del Signore assisa su di un trono regale, ornata delle insegne proprie di una regina e circondata da una schiera di angeli e di santi. In tali immagini, non di rado vien rappresentato il divin Redentore nell’atto di recingere la Madre di una corona fulgente. La consuetudine di incoronare le immagini della beata Vergine Maria venne diffusa in Occidente da pii fedeli, religiosi e laici, specialmente verso la fine del secolo XVI. I Romani Pontefici non solo assecondarono questa forma di pietà popolare, ma «spesso, o personalmente, o per mano di vescovi da loro delegati, ornarono di diadema immagini della Vergine Madre di Dio già insigni per la pubblica venerazione». Con il progressivo affermarsi di questa consuetudine, venne preparato un rito per l’incoronazione delle immagini della beata Vergine Maria, che nel secolo XIX fu accolto nella Liturgia romana“ (Antonio Calisi).
Sono tanti gli ex voti conservati nelle stanze del santuario mariano: una testimonianza significativa di fede e di devozione, in attesa di una “commissione scientifica-teologica” che accerti gli eventuali miracoli.
info: https://www.madonnadelpozzo.org/it/
Antonio Carbonara