La considerazione in cui è tenuta la scuola dalla classe politica italiana la si misura sulla base del livello dei ministri ad essa preposti.
In giorni in cui gli stessi dirigenti scolastici ammettono, candidamente, di brancolare nel buio in relazione alle “novità” introdotte dalla riforma dell’esame di stato, il ministro non trova di meglio che prendersela, da buon leghista “vecchio stampo”, con gli insegnanti meridionali, rei, a suo dire, di scarso impegno.
Quale impegno? Forse quello fisico, data la formazione del ministro. Eppure questo non manca, stante il “tour de force” delle riunioni quotidiane per venire a capo del nulla; anzi, in questo senso, per dirla con una vecchia canzone “ci vuole un fisico bestiale”, per tornare a casa in orari proibitivi e per far fronte, se si è deontologicamente corretti, oltre che ai problemi personali, alla correzione di compiti (tradizionali), simulazioni in continuo aumento, autoaggiornamento professionale (quello più significativo), preparazione di lezioni non calate dall’alto, ma commisurate allo stimolo alla crescita dei propri discenti; quotidiano aggiornamento, in tutte le sue parti, del registro elettronico.
La realtà è che, anche in questa direzione, il “governo del cambiamento” non ha cambiato niente, se non la condizione personale di quattro avventurieri del nulla.
Gennaro Annoscia