L’APPELLO. L’Abbazia di Santa Maria di Calena a Peschici ritorni al suo antico splendore
Dalla dottoressa Daniela Cafano esperta e grande conoscitrice di Arte Antica e della cultura pugliese riceviamo e volentieri pubblichiamo un appello che possa giungere alla proprietà dell’Abbazia di Santa Maria di Calena a Peschici, in totale abbandono in modo che le istituzioni preposte alla sua custodia e conservazione, riportino Calena, gioiello della terra garganica alla dignità del suo antico splendore. Per tutto ciò che ha rappresentato, per le mani sapienti dei maestri scalpellini e degli uomini che in essa hanno operato, affinché Calena possa tornare in tutta la sua bellezza alla sua terra e all’amore della sua gente.
…Inizia così questo racconto, con un rudere, un’ antica fontana, un grande arco di una volta romanica, in un prato dove schiumeggia un sole il cui calore è calmo, perché li vicino c’è il mare. C’è un luogo nella terra Garganica dove, se ti fermi a guardarlo, senti pulsare forte il suo cuore. C’è un luogo dove il tempo non si è fermato e scorre velocemente tra una silenziosa ed inesorabile agonia di pietre che rotolano.
E’ un luogo non molto lontano da spiagge e scogli di mare cristallino, a ridosso di solitarie torri di guardia e di pescosi trabucchi.
E’ un luogo dove il passato si manifesta con tutta la sua potenza e chiede di non essere dimenticato. Questo luogo si trova a Peschici, la perla del Gargano ed è l’Abbazia di Santa Maria di Calena, espressione antica e singolare dell’architettura romanica pugliese.
Il suo complesso monastico si staglia alle pendici di una collina calcarea, da dove la città vecchia domina la valle, tra gli ulivi che fanno da sfondo a questo simbolo di culto e storia, ancora oggi vivo e brillante nell’animo dei cittadini di Peschici. La data della sua costruzione si attesta nell’anno 872 e fa di Calena la più antica Abbazia d’Italia.
Fu convento benedettino, per i monaci che da Tremiti si spostarono sulla terra ferma ed ebbe in sé pertinenze quali l’orto, la vigna, il terreno da coltivare, nonché giardini di erbe aromatiche e di piante officinali, con le quali i monaci curavano i pellegrini, che stanchi della fatiche del lungo viaggio, trovavano a Calena accoglienza e ristoro.
L’Abbazia raggiunse il suo massimo splendore e la sua massima influenza agli inizi dell’anno 1000 quando, ricevendo ricchi privilegi da parte di papi ed imperatori, estese la sua influenza oltre l’area garganica, fino a Campomarino in Molise e a Canne, nella Valle dell’Ofanto.
Accolse pellegrini famosi e non, che sbarcarono a nord del Gargano per recarsi alla Grotta di San Michele, prima di proseguire per la Terrasanta.
I redditi derivanti dalle numerose donazioni dei fedeli, servivano ai monaci ad assolvere più che degnamente a questa funzione di ospitalità. L’autorevolezza e il prestigio di Calena rimasero incontrastati fino agli inizi del 1300. Mantenne la sua indipendenza dalla Chiesa madre fino al 1445 quando i canonici lateranensi, il cui stemma, ancora oggi visibile è inciso sul portale d’ingresso dell’abbazia, la inglobarono a Tremiti. La sua decadenza, iniziata nella seconda metà del 1400, sembra purtroppo non avere fine.
Ormai da anni è proprietà di privati, ed è ridotta a fondo rustico. La sua architettura si impone stratificata.
E’ circondata da massicce mura di cinta, al cui interno si trovano ciò che resta del chiostro, la fontana del 1561, i dormitori, la fabbrica e come perle incastonate, due meravigliose chiese. Sono poste a sud: la più antica e piccola, è lo specchio della più originale tradizione costruttiva pugliese, caratterizzata dalla cupola in asse, ma oggi, purtroppo, è adibita a deposito.
La seconda, più grande e di successiva costruzione, fu realizzata con la mescolanza magistrale di architetture di influenze europea ed extra europea, da sapienti maestri scalpellini di origine francese che percorrevano in entrambi i sensi la via francigena, mischiandosi a pellegrini e crociati diretti in Terrasanta. La chiesa di ispirazione gotica si presenta con una navata centrale e un abside semicircolare, mentre la copertura a crociera, totalmente distrutta a causa dell’incuria e della mancata manutenzione, hanno lasciato in evidenza i capitelli e gli affreschi che umidità e intemperie stanno inesorabilmente cancellando. Il campanile a vela, quasi del tutto crollato, è ricoperto da vegetazione rampicante così come la fontana e le mura di cinta.
Agli occhi di fedeli e visitatori, cui è dato la possibilità di accedervi solo l’8 settembre di ogni anno, giorno mariano, appare uno scenario di contrasti: una cattedrale di luce occultata da degrado e decadenza. Si scorgono sui muri esterni del giardino degli aranci, tracce di un bassorilievo della Madonna, medaglioni decorati a rilievo che fanno faticosamente capolino tra la vegetazione, rivendicando il loro ruolo.
Alcune leggende hanno contribuito a circondare Calena di quell’alone di mistero degno di un luogo solitario e abbandonato: la presenza di un cunicolo che permetteva ai Frati di portarsi in salvo fino alla spiaggia di Jalillo, per sfuggire alle scorribande dei saraceni, il tesoro nascosto del Barbarossa che i peschiciani non hanno mai trovato e quello più affascinante e romantico secondo il quale dall’acquasantiera posizionata alla sinistra della chiesa nuova, giungerebbe fino all’Abbazia la musicalità delle onde del mare.
Negli anni i cittadini di Peschici, devotissimi a Santa Maria di Calena e orgogliosi delle origini e dell’unicità dell’Abbazia, hanno intrapreso battaglie con la proprietà e le Istituzioni affinché Calena fosse riconsegnata alla sua Città.
Ma ad oggi, tutto ciò pare non concretizzarsi. E’ doloroso constatare come questo luogo, in un passato non molto lontano centro di culto, crocevia di popoli, culture e religioni, motore propulsore dell’economia e dello sviluppo dell’intero Gargano, oggi versi in uno stato di abbandono e di incuria totale.
Quest’ennesimo appello accorato giunga alla proprietà ed alle istituzioni preposte alla sua custodia e conservazione, affinché Calena, gioiello della terra garganica venga strappato alla silenziosa agonia delle pietre che rotolano nell’indifferenza e che venga restituito alla dignità del suo antico splendore. Per tutto ciò che ha rappresentato, per le mani sapienti dei maestri scalpellini e degli uomini che in essa hanno operato, affinché Calena possa tornare in tutta la sua bellezza alla sua terra e all’amore della sua gente.
Affinché la sua maestosità, possa inondare di meraviglia gli occhi dei visitatori e dei turisti che ogni anno scelgono Peschici ed il Gargano quale meta per le loro vacanze e di coloro che semplicemente visitandola, saranno capaci di scuotere dall’anima, la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni.
redazione