Terra mischiata a materiale roccioso e in alcuni casi “addirittura” solo terra. Con questi materiali sarebbero state effettuate le opere di completamento del porto di Molfetta (Bari) secondo quanto ricostruito dalla Guardia di finanza nell’ambito di una inchiesta iniziata due anni fa e che oggi aggiunge alla lista degli indagati, altre tre persone considerate componenti del “collaudato sistema di frode.
Si tratta di un 45enne di Trani rappresentante legale della società fornitrice di materiale lapideo per i lavori di messa in sicurezza del nuovo porto commerciale di Molfetta finito agli arresti domiciliari; di un 50enne di Castellana Grotte (Bari) che è direttore operativo dell’ufficio della direzione dei lavori e del dirigente del Comune di Molfetta, un 54enne del posto, responsabile del procedimento: per loro sono stati previsti la sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi e il divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale. Le accuse contestate a vario titolo sono frode nelle pubbliche forniture, gestione illecita di rifiuti e responsabilità dell’Ente per illecito amministrativo dipendente da reato. Nove in totale gli indagati tra cui il direttore dei lavori, il direttore del cantiere e il capocantiere.
E’ stato eseguito anche un sequestro, finalizzato alla confisca, di beni pari a 250mila euro a carico delle due società coinvolte – quella fornitrice e la subappaltatrice- e del rappresentane legale di una di esse. Secondo quanto accertato dalle indagini, basate sull’acquisizione di documenti, intercettazioni e pedinamenti, per i lavori sarebbero stati usati materiali diversi da quelli previsti dal capitolato d’appalto che chiedeva “materiali chimicamente inalterabili, meccanicamente resistenti, compatti e con un elevato peso specifico”. Secondo gli accertamenti disposti dalla Procura sarebbero state impiegate, grazie all’uso di documenti di trasporto falsi, quasi 40mila tonnellate di materiali “provenienti da scavi eseguiti su terreni privati, vegetale” e altri “di dubbia provenienza” compresi quelli classificai come “rifiuti speciali”. A confermarlo, alcune intercettazioni telefoniche che avrebbero “documentato” l’uso di materiale non conforme al capitolato. Nell’ordinanza il gip evidenzia che “sin dalle prime conversazioni intercettate, emerge che oltre al tout – venant (il materiale conforme al capitolato) viene trasportato qualcosa di diverso” e che “le forniture in eccesso di materiale non conforme, ormai note a tutti gli indagati, provocavano lamentele a tal punto, che gli indagati in riferimento all’eccesso di materiale roccioso evidenziavano il colore rosso dello specchio d’acqua limitrofo ai lavori” (Ansa).
Redazione