Castellana, 29 ottobre 2019 – Due anni di ricerca genetica sulle poliposi intestinali, e alla fine è avvenuto davvero, l’incontro ravvicinato del terzo tipo. Parafrasando Spielberg, l’Irccs de Bellis di Castellana ha fatto luce sull’inquietudine di chi soffriva di un terzo tipo di poliposi, che più che il colon invece attacca lo stomaco, mai individuata prima. Una novità che ha effetti immediati su chi soffre di queste forme rare di patologia, subito orientabili grazie al monitoraggio dei giusti esami strumentali.
La scoperta, appena pubblicata sul Journal of Medical Genetics – una delle più autorevoli riviste di settore – è dell’equipe di ricerca guidata dal professor Cristiano Simone.
Intanto, capiamo di cosa parliamo. La Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP), una sindrome genetica ereditaria autosomica (cioè non legata ai cromosomi sessuali) dominante, è causata da mutazioni ereditarie di un gene. Si chiama APC. Tre letterine che di fatto contengono il kit d’informazioni affinché l’intestino si “costruisca” in maniera corretta. In caso di errori genetici, cioè di alterazioni delle informazioni contenute nel gene APC, il nostro intestino – soprattutto il colon – viene su male, e invece di avere la sua normale architettura, costituita da alternanza di cripte e villi, presenta protuberanze: i cosiddetti polipi intestinali. Questi polipi sono soprattutto adenomi, cioè tumori benigni, ma con una brutta particolarità: stando a contatto con le feci (ricche di sostanze cancerogene) hanno una probabilità vicina al 100% di trasformarsi in carcinomi intestinali: tumori maligni.
Immaginiamo quindi il gene APC come un libretto di istruzioni costituito da capitoli – tre – ognuno dei quali è utile per costruire correttamente gli organi dell’apparato gastroenterico. Dei primi due si era capito tutto.
Infatti fino ad oggi si sapeva che errori nel primo capitolo sono responsabili della poliposi classica (FAP), con presenza di centinaia o migliaia di polipi del colon a partire dai 10-15 anni, che spesso richiedono l’esecuzione della colectomia, cioè la rimozione chirurgica dell’intero colon. La forma classica può presentare sintomi extraintestinali come polipi/adenomi nel tratto gastrointestinale superiore – stomaco, duodeno -, osteomi, tumori desmoidi (cioè tumori benigni dei tessuti molli, localmente invasivi, associati a un elevato tasso di ricorrenza, senza però potenziale metastatico) e un aumentato rischio di tumori non localizzati nel colon (tiroide, fegato, dotti biliari, sistema nervoso centrale).
Errori nel secondo capitolo, invece, sono responsabili della forma ‘attenuata’ (AFAP), con un numero ridotto di polipi (meno di un centinaio), insorgenza dopo i venti anni e con maggiori problemi verso la terza-quarta decade. La forma attenuata necessita più raramente di colectomia ed è meno associata a sintomi extracolonici.
“Il nostro studio – spiega Simone – si è occupato di capire cosa potesse succedere in caso di mutazioni genetiche nel terzo e ultimo capitolo del gene APC. A questo scopo, prendendo spunto da un caso locale – una famiglia di Castellana segnalata, grazie all’importanza del lavoro in sinergia, dal reparto Oncologia del dottor Lolli – abbiamo allargato l’analisi a 101 pazienti con mutazioni nel terzo distale del gene. Abbiamo così scoperto che esiste una terza forma clinica che abbiamo chiamato GD-FAP, cioè Poliposi Gastrica con Desmoidi-FAP, causata da errori nel terzo capitolo del gene. Questi pazienti hanno insorgenza dei sintomi tardiva, dopo i venti anni, solo pochissimi polipi del colon – meno di 50, tanto da definire tecnicamente una oligopoliposi del colon – ma presentano una poliposi gastrica diffusa, cioè tantissimi polipi, e l’insorgenza di tumori desmoidi, legati ai tessuti fibrosi. Finora questa categoria di pazienti era monitorata secondo i protocolli della forma attenuata, in realtà fuorvianti. Ora invece sappiamo che questa nuova forma clinica necessita di un follow-up dedicato con inizio ai 20 anni di età e che comprenda l’esofagogastroduodenoscopia ed ecografia addominale annuali e la colonscopia ogni 2-3 anni”.
“Una scoperta – sottolinea il direttore scientifico del de Bellis, Gianluigi Giannelli – che consolida l’eccellenza degli standard di ricerca del nostro Istituto. In questo caso, in particolare, parliamo della cosiddetta ricerca traslazionale, ossia che ha ricadute immediate sui pazienti, senza dover aspettare anni. Già da domani infatti i pazienti affetti da questa terza forma clinica – rara, e quindi che necessita di alti livelli di cura – potranno beneficiare dei giusti controlli clinici per la prevenzione oncologica”.
Ufficio stampa IRCCS “S. de Bellis”
redazione