Gli ultimi esami di stato segnano l’uscita di scena della cosiddetta “tesina”, dal prossimo anno, infatti, verrà sostituita da una relazione sul percorso di alternanza scuola-lavoro, condotto durante il triennio.
Questo farà sicuramente la gioia di tutti quegli insegnanti, acerrimi denigratori della tesina, che schifati dal “copia-incolla”, di cui accusavano gli studenti, coglievano magari l’occasione per non seguirli adeguatamente durante la sua redazione.
Il problema è comunque d’altra natura e riporta, inevitabilmente, ai princìpi di base che hanno dato vita alla cosiddetta “buona scuola”; sostituire, infatti, una tesina multidisciplinare con una relazione sulle ore di lavoro gratuito a cui un giovane è stato costretto non è problema di poco conto. Se già pareva assurdo che “l’alternanza” potesse rientrare, direttamente, nella valutazione dei cosiddetti crediti, è paradossale che possa divenire elemento fondamentale nella valutazione del percorso di crescita di una persona.
Pur con tutti i suoi limiti, la tesina rappresentava, tuttavia, un modo per manifestare gli interessi di un giovane cittadino: nel migliore dei casi, un trovarsi agli incroci di molteplici interferenze; nel peggiore, comunque la testimonianza del riverberarsi di argomenti e autori che avevano, se non altro, suscitato la partecipazione emotiva, tanto da entrare, di diritto, nella volontà di farne qualcosa di proprio.
Ecco, quindi, emergere il problema nella sua complessità: l’illecita sostituzione di storie particolari, ovvero multiculturali, orientate, se non altro, ad un rimasuglio di humanitas, in direzione dell’imposizione di un modello unico di interpretazione e trattazione del mondo, quello dello sfruttamento neoliberista, come sola via possibile per gli scopi dell’umanità.
Il passaggio dall’interpretazione in chiave unitaria della realtà, a quella in chiave unica.
Gennaro Annoscia