Mercoledì 28 novembre, in un doppio spettacolo alle 18,30 e alle 20,30, sarà proiettato al Cinema ABC di Bari (via Marconi 41) «Zen sul ghiaccio sottile», il film d’esordio della giovane regista Margherita Ferri, che presenterà entrambe le proiezioni e dialogherà con il pubblico dopo la visione del secondo spettacolo, con la giornalista di Repubblica Gilda Camero. L’iniziativa è organizzata dal Bari International Gender Film Festival (promosso dalla Cooperativa AL.i.c.e) – con il contributo del Comune di Bari e della Regione Puglia, ed in collaborazione con l’ABC -, che ha invitato nuovamente a Bari la talentuosa regista imolese, classe 1984, dopo l’incursione dello scorso settembre durante la prima edizione del BIG. Nella serata di mercoledì 28, inoltre, l’associazione Mixed Lgbti presenterà lo spot, realizzato con la regia di Antonio Pellegrino e Nicolò Accettura, in difesa del disegno di legge della Regione Puglia contro l’omotransfobia, dai recenti tentativi di affossamento e modifica sugli articoli più importanti.
Dopo gli applausi e il notevole successo mediatico seguito alla prima mondiale dell’ultima Biennale College Cinema del Festival di Venezia, e dopo l’anteprima ad Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, arriva finalmente in sala anche a Bari un importante film come Zen sul ghiaccio sottile. Prodotto da Articolture e distribuito da Istituto Luce Cinecittà, il film di Ferri ha già vinto per il soggetto una menzione speciale al Premio Solinas – Storie per il Cinema, ed è stato il film italiano sostenuto per il 2017/2018 da Biennale College Cinema, l’attività strategica della Fondazione Biennale di Venezia rivolta alla formazione di giovani filmmaker di tutto il mondo.
Il film propone temi forti e sensibili, con uno sguardo fresco, vivido e colorato: l’identità di genere, il bullismo e la discriminazione, la sessualità, la ricerca di un sé autentico. Il tutto con le armi di un’opera che si concentra sul raggiungimento della maggiore età dei protagonisti, con i corpi e volti di due attrici rivelazione: Eleonora Conti e Susanna Acchiardi, al loro debutto sullo schermo, si immergono in un paesaggio attonito e poetico delle aree interne della profonda provincia italiana, tra le geometrie e i simbolismi di una pista da hockey.
Il film racconta la storia di Maia, detta Zen, una sedicenne irrequieta e solitaria che vive in un piccolo paese dell’Appennino emiliano. È l’unica femmina della squadra di hockey locale e i suoi compagni non perdono occasione di bullizzarla per il suo essere maschiaccio. Quando Vanessa – l’intrigante e confusa fidanzata di un giocatore della squadra – scappa di casa e si nasconde nel rifugio della madre di Maia, tra le due nasce un legame e Maia riesce per la prima volta a confidare a qualcuno i dubbi sulla propria identità. Entrambe spinte dal bisogno di uscire dai ruoli che la piccola comunità le ha forzate a interpretare, Maia e Vanessa iniziano così un percorso alla ricerca della propria identità e sessualità, liquide e inquiete come solo l’adolescenza sa essere.
«Zen sul ghiaccio sottile – spiega Margherita Ferri – è una storia di formazione, che segue il percorso emotivo di Maia, detta Zen: un’adolescente in conflitto con la propria identità di genere, per questo incompresa e bullizzata dai propri coetanei. Anche se non ho mai giocato a hockey, i turbamenti di Maia e Vanessa sono parte della mia storia personale. L’inquietudine del sapersi “diversi”, la magia di essere attratti da una persona del proprio genere senza sapere cosa stia succedendo, o nemmeno dare un nome a quel sentimento, il desiderio di essere visti e accettati per quello che si è: queste emozioni sono state l’essenza della mia vita da adolescente e oggi lo sono del film. Come regista, mi è sempre interessato dare vita e centralità a personaggi come Maia, che vivono ai margini delle proprie comunità. Il film parla proprio del fragile confine tra il voler appartenere a un gruppo e l’essere se stessi, senza condizionamenti. Racconta il disagio e le lotte che deve affrontare chi non si conforma ai ruoli di genere e all’eteronormatività imposta dalla nostra società. Ho cercato di raccontare la storia di Maia giustapponendo le sue emozioni al paesaggio dell’Appennino Emiliano, bellissimo e dimenticato. Ho voluto esplorare la relazione tra la produzione del paesaggio e l’identità di chi vive quei territori, lavorando sull’idea di paesaggio emotivo: uno strumento per stimolare lo spettatore visivamente e accompagnarlo nella dimensione più profonda dei personaggi. Volevo fare un film radicato nella comunità LGBT+ e nei nostri territori, ma con l’obiettivo di condurre il pubblico in quel cammino universale che porta alla scoperta di se stessi, negli anni inquieti dell’adolescenza».
redazione
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