La libertà è un paradosso, se per essere liberi bisogna piegarsi all’omologazione. È il senso della lezione universitaria di un relatore un po’ particolare, uomo con un passato da scimmia, come le sue stesse fattezze rivelano. È Rotpeter, personaggio interpretato da una strepitosa Marina Confalone, primate con giacca e cravatta e solitaria protagonista di Una relazione per un’accademia di Kafka, straordinaria metafora sul conformismo che l’attrice napoletana porta in scena (con la regia da lei stessa curata) da giovedì 17 a domenica 20 gennaio (ore 21, festivo ore 19) al Teatro van Westerhout di Mola di Bari per la Stagione 2018-2019 della Compagnia Diaghilev, che produce la pièce con le scene e i costumi di Martina Picciola (info 333.1260425).
Presentata con grande successo al Festival Benevento Città Spettacolo, dopo il debutto in una vera aula universitaria all’Università di Napoli e la partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia in una riduzione per il grande schermo accolta con particolare entusiasmo dalla critica, Una relazione per un’accademia vede Rotpeter raccontare la sua precedente vita di scimmia. È stata costretta a diventare uomo pur di uscire dalla gabbia nella quale l’hanno rinchiusa. E Marina Confalone abbatte anche lei un muro: la quarta parete che divide scena e platea, con gli spettatori che si trasformano nel pubblico di accademici al quale si rivolge il personaggio di Kafka. Il quale racconta la libertà in Africa, la cattura e il trasferimento in nave in una gabbia nella quale riesce a malapena a rimanere accovacciata. L’unico modo per ottenere la libertà è cercare di assomigliare agli uomini, di adattarsi alla loro condotta, perché solo meritandosi il rispetto dei suoi carnefici riuscirà a sottrarsi alle sevizie riservate alle bestie.
«Il caso del personaggio kafkiano – spiega l’attrice – somiglia a quello di molti di noi costretti ad inibire le pulsioni naturali per seguire i comportamenti conformistici imposti dalla società. Attraverso la parabola dell’apprendimento eccezionale cui Peter si sottopone faticosamente, in questo splendido racconto del 1917, sicuramente influenzato dalle teorie darwiniane, Kafka ci mostra una salvezza raggiunta mediante un’omologazione tra le più perverse. E questa resa del più debole al potere del più forte si colora di sfumature tanto malinconiche quanto grottesche».
Con il suo racconto, una vera e propria lezione filosofica già messa in scena da Gassman ed Herlitzka, Kafka lasciò chiaramente intendere che le vere scimmie ammaestrate sono gli uomini, «fantocci costretti a continui compromessi», li definisce Marina Confalone, attrice nota al grande pubblico per le sue interpretazioni in film cult come Febbre da cavallo, Così parlò Bellavista e Parenti serpenti, diretta da registi quali Lizzani, Monicelli, Luchetti, Loy, Calopresti, Paolo Genovese e Luca Miniero e in carriera sinora premiata con quattro David di Donatello, due Nastri D’Argento, un Ciak D’Oro.
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