Nove operatori sanitari sono indagati dalla Procura di Bari per la morte del 33enne Bangaly Soumaoro, originario della Guinea, che era ospite del Centro accoglienza per richiedenti asilo di Bari.
La notizia è riportata dal quotidiano La Repubblica in un articolo in cui si precisa che l’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto.
Il 33enne è morto in ospedale il 4 novembre
La notizia del suo decesso scatenò una rivolta dei migranti che ritenevano non avesse avuto cure adeguate. La protesta durò dalla notte del 4 fino al pomeriggio del 5 novembre e sfociò in un corteo fino alla prefettura di Bari dove i migranti sostennero che il 33enne lamentava mal di pancia da tre giorni ma veniva curato con la tachipirina.
Secondo quanto chiarì in quella occasione la direttrice del Cara, il migrante si era rivolto al presidio sanitario del centro il 2 e il 3 novembre, ricevendo le cure legate al sintomo che manifestava, ovvero diversi problemi intestinali. Il 4 novembre, poi, fu chiamato il 118 che valutò di portarlo in ospedale dove morì. La Tac avrebbe rilevato la presenza nel suo stomaco di corpi estranei non riconducibili al cibo. Per fare chiarezza fu disposta l’autopsia.
Repubblica sottolinea invece che il migrante è morto in circostanze ancora poco chiare e che avrebbe ingerito alcune pile, probabilmente come atto di autolesionismo. Secondo quanto scritto dal quotidiano, Bangaly si presenta al punto sanitario del centro per chiedere un aiuto, ha lo stomaco che gli esplode, respira a fatica, ma non verrebbe visitato da nessun medico perché, per andare incontro ai tagli del capitolato imposti dalla prefettura, nel fine settimana all’interno del Cara non ci sono medici ma soltanto infermieri. “Non abbiamo più assistenza h24: i medici otto ore al giorno e gli infermieri per 16”, spiega a Repubblica la direttrice del Cara (ansa).
foto ansa
redazione