Il Verdi riapre il sipario con una rassegna di otto appuntamenti. Si comincia con «Moby Dick», a bordo della nave del capitano Achab. Il capolavoro di Herman Melville vede in scena Luigi D’Elia issato su una struttura un po’ scafo e un po’ scheletro di balena. Appuntamento sabato 17 ottobre, con sipario alle ore 18.30. Fruizione di spazi e servizi in sicurezza. Per una migliore gestione degli ingressi, gli spettatori saranno invitati a raggiungere direttamente la sala, senza attendere e sostare nel foyer. Raggiunto il limite dei posti consentiti.
Il Nuovo Teatro Verdi di Brindisi riprende il filo. E lo fa con «Brindisi in scena», rassegna di otto spettacoli che accompagnerà gli spettatori fino all’inizio di dicembre. Si comincia con «Moby Dick», il nuovo lavoro di Luigi D’Elia in arrivo sul palcoscenico brindisino sabato 17 ottobre alle ore 18.30. La presenza del pubblico, dall’arrivo all’esodo, sarà disciplinata secondo le linee guida nazionali e i protocolli regionali in vigore in materia di contrasto alla diffusione del Covid-19. Gli spettatori raggiungeranno direttamente la platea senza sostare in attesa nel foyer. Biglietti non più disponibili per raggiunto limite dei posti consentiti, in ogni caso sarà predisposta una lista d’attesa per eventuali ulteriori richieste: la biglietteria del Teatro (T. 0831 562 554) sarà aperta anche sabato 17 ottobre, giorno dello spettacolo, dalle ore 11 alle 13 e dalle 17 alle 18.30. Il biglietto ha un costo di 10 euro e la visione è consigliata a partire dai 13 anni.
«Moby Dick» è uno spettacolo prodotto da Arca Azzurra Produzioni, per la regia di Emanuele Gamba, con le musiche originali composte dal maestro Giorgio Albiani e la scenografia, uno scafo-costato di balena, realizzato dallo stesso D’Elia assieme al pluripremiato artista cartapestaio di Putignano, Deni Bianco. Il disegno luci è di Paolo Mongelli e Marco Messeri.
La disperata caccia del Capitano Achab a Moby Dick è tutta in una poesia di Jorge Luis Borges del 1853, pochi versi che documentano la prossimità all’Ulisse dantesco, ma anche l’affinità con Shakespeare, in una potente metafora della vita rappresentata dall’inafferrabile Balena Bianca, irraggiungibile come la verità. Luigi D’Elia e Francesco Niccolini recuperano sia Ulisse sia Shakespeare e, soprattutto, riprendendo Borges, «le due enormi cose, la balena e i mari ch’essa lungamente solca». Ma il poeta argentino aggiunge un’altra “enorme cosa”: «quell’altro mare che è la scrittura» che in Herman Melville, autore del romanzo, si dipana per 135 capitoli. In questo smisurato mare di parole, Luigi D’Elia naviga per più di un’ora. Occupa la scena andando verso e oltre Nuuk, le sue Colonne d’Ercole,sulle rotte di una nave chiamata Pequod, agli ordini del vecchio baleniere mutilato, ostinato a inseguire il sogno dantesco di Ulisse di cercare “virtute e conoscenza”, prima di infrangere vanamente la sua folle ossessione di vendetta contro la mostruosa balena bianca. E trascinando con sé, in un delirio di morte, l’equipaggio della baleniera. Eccetto uno, il marinaio Ismaele, cui Luigi D’Elia restituisce voce e memoria.
Niccolini riduce il mare di scrittura di Melville a un portolano di appena quaranta pagine. Più di un milione di caratteri distillati a quarantamila. L’orizzonte marino del capolavoro di Melville diventa un abisso e la prosa enciclopedica un verso asciutto, che non può permettersi nemmeno la commozione, se non l’immensità del mare e il mistero che regge ogni destino. Questo «Moby Dick» si incarna in un poema shakespeariano con il suo carico di tragicità, con tanto di maledizione e di profezia, e un fato irrimediabile dal primo istante, dal primo salpare, dalla prima apparizione dello spettro del capitano Achab, un po’ Macbeth e un po’ Lear, che non può far altro che correre verso il proprio destino di morte, distruzione e immortalità. Sotto un cielo bellissimo e silenzioso, sopra una mare pauroso e incantevole: entrambi indifferenti alle ridicole scelte degli umani che si arrabattano colmi d’ansia, convinti di lasciare un segno, e che finiscono con l’essere inghiottiti e ridotti a niente. Eppure, in questo “niente”, in questa esagerata foga d’attore posseduto da chissà quale dèmone, quanta poesia, e quanta crudele bellezza.
«Rokovoko è un’isola lontanissima a sud-ovest. Non è segnata in nessuna carta: i luoghi veri non lo sono mai». Herman Melville in Moby Dick
Si comincia alle ore 18.30
Prezzo del biglietto: 10 euro
Durata: un’ora e venti minuti senza intervallo
Info www.nuovoteatroverdi.com – T. (0831) 562 554
Redazione