Era alta un metro e mezzo e pesava più di 20 chili, l’oca gigante vissuta 5,5 milioni di anni fa in alcune zone dell’attuale centro e sud Italia: non riusciva a volare, ma aveva sviluppato dei calli ossei sulle ali che le permettevano di combattere. Il suo aspetto è stato ricostruito per la prima volta sulla rivista Royal Society Open Science da un gruppo internazionale di paleontologi sulla base dei resti fossili trovati ad Apricena, nel Gargano, e recentemente anche a Scontrone, in Abruzzo: nel Miocene queste terre formavano un arcipelago di isole ed erano popolate da animali sorprendenti, come barbagianni alti un metro e ricci di terra grandi quanto cani di media taglia.
”Queste specie così particolari sono esempi di gigantismo insulare, quel fenomeno biologico che sulle isole porta gli animali di taglia medio-piccola ad aumentare lentamente le proprie dimensioni per occupare nuove nicchie ecologiche, come è accaduto ad esempio alle tartarughe delle Galapagos”, spiega all’ANSA il coordinatore dello studio Marco Pavia, paleontologo all’Università di Torino. ”Anche l’oca gigante è andata incontro allo stesso destino – afferma l’esperto – cambiando così radicalmente rispetto ai suoi simili del continente da dare origine ad un genere ed una specie del tutto nuovi”.
Garganornis ballmanni: questo il nome scientifico del curioso pennuto, di cui finora sono stati trovati rarissimi reperti tra Abruzzo e Gargano, solo ossa di zampe e ali. ”Pensiamo che avesse l’aspetto di un’oca piuttosto panciuta”, aggiunge Pavia.
”Probabilmente era un animale terrestre, perché le falangi delle zampe erano corte e tozze, dunque più adatte a camminare che a nuotare”. Altrettanto sgraziate erano le ali, troppo corte per spiccare il volo, ma dotate di un callo osseo sul carpometacarpo (l’equivalente delle ossa della mano nell’uomo) che poteva essere usato come arma nei combattimenti per il controllo del territorio. Libera da predatori, l’oca gigante potrebbe essersi estinta dopo poche centinaia di migliaia di anni, a causa dell’innalzamento del livello del mare che avrebbe portato alla scomparsa delle isole.
Fonte Ansa
di Antonio Carbonara