Crescendo rossiniano per la decima edizione di “Notti Sacre”, che consolida la tradizionale collaborazione con il festival Oriente Occidente diretto da Sabino Manzo per l’Associazione Florilegium Vocis. Una collaborazione che si concretizza nella Cattedrale di Bari, domenica 22 settembre (ore 21, ingresso libero), con l’esecuzione della “Petite Messe Solennelle” di Rossini nell’edizione originaria del 1864 per quattro voci, coro, pianoforte e harmonium, e non nella più consueta versione per orchestra. Agli ordini di Sabino Manzo, i solisti Claudia Urru (soprano), Margherita Rotondi (mezzosoprano), Francesco Amodio (tenore) e Hyunmo Cho (baritono), gli ensemble vocali Coro della Polifonica barese Biagio Grimaldi e Ensemble Florilegium Vocis, il pianista Alessandro Marangoni e, all’harmonium, Vincenzo Cicchelli.
Quest’inusuale versione della Petite Messe Solennelle, adattata dallo stesso Rossini ed eseguita per la prima volta solo pochi mesi dopo la sua scomparsa nel febbraio del 1869, è l’«ultimo peccato mortale» del compositore pesarese, che definiva questi suoi “vizi” péchés de vieillesse, “debolezze senili”. Infatti, la Piccola Messa, capolavoro che segna il confine tra la tradizione classica e nuova musica sacra nel tardo Ottocento europeo, rivela un compositore impegnato nella ricerca di un rigore formale che raggiunge vette altissime (in certi casi in perfetto stile polifonico antico) nelle sette parti in cui l’opera è suddivisa, con le cinque sezioni dell’Ordinarium più lo strumentale Preludio religioso e il mottetto eucaristico O salutaris ostia. L’impressione che se ne ricava è di trovarsi di fronte al rigore solenne di un musicista ormai anziano che, senza cedere alle mode della Bach-renaissance, si conferma uomo e artista in grado di riconoscersi soltanto nel tardo Settecento, benché da un pezzo sia stata superata la metà dell’Ottocento.
“Petite” solo di organico, ma non di struttura, né di contenuti, questa straordinaria pagina di musica sacra condensa stili e riferimenti anche molto diversi tra loro, dalla polifonia accompagnata del Kyrie alle reminescenze palestriniane del Christe, dall’aria mozartiana classica all’aria italiana del primo Ottocento, senza dimenticare duetti d’avanguardia e cori maestosi in stile operistico, tra i quali si fanno strada lo stile severo, con fugato tedesco bachiano, e una meditazione pianistica tra Haydn e Beethoven.
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