Quarantennale dell’omicidio di Aldo Moro, il sindaco Decaro alle celebrazioni

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Oggi, giornata della memoria delle vittime del terrorismo, il sindaco di Bari Antonio Decaro e i rappresentanti della federazione dei Centri studi Aldo Moro hanno partecipato alle cerimonie in ricordo del presidente Aldo Moro, nel quarantesimo anniversario del suo omicidio.

 

 

Alle ore 9.30 Antonio Decaro ha deposto una corona d’alloro presso il monumento commemorativo dedicato allo statista pugliese in piazza Moro.

 Di seguito il testo del suo intervento:

 “Da sindaco della città di Bari vi ringrazio per essere qui presenti, autorità e cittadini, per questa commemorazione che ci vede uniti nel ricordo e nella passione civile.

Un sentito ringraziamento a Gino Ferlicchia, alla Federazione dei Centri Studi su Aldo Moro, alla Associazione dei consiglieri regionali, a tutti coloro che tengono vivo il ricordo, in questa città, di Aldo Moro statista, politico, docente, cittadino appassionato e impegnato.

Aldo Moro fu barbaramente assassinato dai suoi carcerieri il 9 maggio di 40 anni fa, nel 1978.

55 giorni prima, in via Fani, erano stati uccisi Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi e Giulio Rivera. Quest’ultimo aveva appena 24 anni. Cinque uomini che hanno rappresentato lo Stato fino al sacrificio estremo: la vita. Cinque uomini che quel 16 marzo di quaranta anni fa stavano compiendo il loro dovere al fianco del presidente Moro.

Credo che, se il presidente Moro fosse sopravvissuto a quella drammatica stagione del nostro Paese, avrebbe voluto che noi ricordassimo con cerimonie solenni gli uomini della sua scorta, caduti mentre svolgevano il proprio dovere. Perché se c’è una cosa che Aldo Moro ci ha insegnato è l’importanza del senso del dovere, senza cui non esistono società e Paese che possano costituirsi e dirsi liberi.

La stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere” ci ha insegnato Aldo Moro ed è a questo senso del dovere che dobbiamo richiamarci tutti, oggi, nel nostro lavoro, nella nostra vita privata, nel ruolo che ricopriamo come rappresentanti delle istituzioni e nel nostro esercizio quotidiano di cittadinanza.

Un esercizio che dobbiamo insegnare ai nostri figli sin dalla più tenera età.

E a questo proposito vorrei condividere con voi, in questa giornata in cui ricordiamo un uomo che ha dedicato la sua vita alla legge e alla formazione delle giovani generazioni, un’idea che da presidente dell’Associazione dei Comuni italiani ho proposto qualche settimana fa all’indirizzo del nuovo Parlamento: una proposta di legge sull’educazione alla cittadinanza nelle scuole italiane di ogni ordine e grado.

Si tratta di educare le nuove generazioni ai principi costituzionali che consentano una crescita civile della società italiana attraverso le leve della coesione e dell’impegno civile, precondizioni culturali e morali necessarie per uno sviluppo sano del nostro Paese.

Un percorso di consapevolezza che non potrà prescindere dalla conoscenza della Costituzione, dei principi giuridici fondamentali e dei valori che l’hanno ispirata. Perché come disse Moro, allora da Presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione del trentennale della Liberazione, “l’acquisizione della democrazia non é qualcosa di fermo e di stabile che si possa considerare raggiunta una volta per tutte. Bisogna garantirla e difenderla, praticarla ogni giorno, approfondendo quei valori di libertà e giustizia su cui abbiamo costruito la Carta Costituzionale”.

Principi e consapevolezza a cui Aldo Moro ha dedicato la sua vita, così come ha dedicato la sua vita ai suoi studenti. Ce lo ha ricordato sua moglie, Eleonora Chiavarelli, quando il 23 settembre del 1978, nel giorno in cui il presidente Moro avrebbe compiuto 62 anni, scrisse un messaggio alle persone che le erano state vicine: “Vorrei dirvi – si legge in quella lettera – che il grande amore di Aldo Moro sono sempre stati i bambini, i ragazzi e i giovani; che la sua più importante gioia era stare in mezzo a loro, che lo scopo della sua vita era costruire per loro una società più umana in cui ognuno potesse essere se stesso”.

A questo ha lavorato per tutta la vita Aldo Moro, con senso di giustizia, sobrietà e temperanza, qualità di cui, in questi tempi in cui viviamo, ci sarebbe ancora tanto bisogno. Questa la sua grande eredità morale, della quale noi tutti dovremmo essere custodi gelosi e attenti.

Dobbiamo esserlo ancora più noi, figli orgogliosi della sua terra. Una terra a cui ha dato tanto: studio, lavoro, impegno e passione. Quel sentimento, la passione che muove gli uomini liberi, che determina le grandi trasformazioni, un sentimento che ha animato e accompagnato la vita di Aldo Moro fino alla fine. Lo stesso sentimento che ha animato tante donne e uomini morti per mano di un’ideologia perversa e folle che ha tenuto sotto scacco questo Paese per anni, che ha ammazzato i suoi figli migliori, che ha tentato di giustificare la violenza e la barbarie in nome di un’ideologia che altro non era se non un disegno folle e sovversivo.

Aldo Moro ci ha insegnato, invece, che la politica può e deve avere come obiettivo, primo e ultimo, il bene comune al servizio della comunità. Nella militanza politica lui vedeva il seme dell’Italia civile e democratica che aveva animato gli anni dell’Assemblea costituente e della nascita della Repubblica, non la violenza e il terrore della morte.

Per questo, nel giorno del suo sacrificio, il Paese ricorda tutte le vittime del terrorismo, a cui da questa piazza rivolgiamo il nostro pensiero. Perché Aldo Moro, più di tutti, credeva nella difesa delle idee e degli strumenti democratici che ci permettono di difenderle. Per questo oggi, nel giorno del 40° anniversario della scomparsa di Aldo Moro, ricordiamo la morte di un altro uomo appassionato, Peppino Impastato. Appassionato della sua terra, della giustizia sociale, della politica come strumento di crescita ed emancipazione per le donne e gli uomini. Anch’egli ammazzato barbaramente dalla mafia in Sicilia, per non aver voluto voltare la testa dall’altro lato di fronte all’arroganza criminale e al sopruso quotidiano.

Oggi, insieme, celebriamo l’esempio di grandi uomini che hanno dato al vita al nostro Paese per testimoniare l’importanza dell’eredità morale e sociale che ci hanno lasciato.

Affinché questa testimonianza non si esaurisca in una cerimonia, l’amministrazione comunale, ha voluto, per il quarantesimo anniversario della morte di Aldo Moro, tracciare un itinerario ideale in memoria dello Statista pugliese, un percorso simbolico che intende onorare la sua storia attraverso la realizzazione di cinque targhe in pietra che saranno posizionate in altrettanti luoghi della città di Bari che hanno segnato la vita dell’uomo e del politico.

Questo è un tributo, forse piccolo ma significativo, con cui la città di Bari vuole ringraziare il presidente e cittadino Aldo Moro per aver condiviso parte della sua vita e della sua passione civile e politica con tutti noi”.

Alle ore 10.30 il sindaco ha deposto un’altra corona di alloro presso il colonnato del Teatro Piccinni, in corso Vittorio Emanuele, dove un targa ricorda il presidente Moro e gli uomini dlela sua scorta.

A seguire sono state scoperte alcune delle pietre d’inciampo situate in luoghi simbolo dell’itinerario della memoria dell’onorevole Moro: presso la casa dove ha abitato con i genitori e i fratelli, in via Murat 51/f; presso l’Istituto d’arte “Renato Moro”, in viale Vittorio Veneto, dove è situato il busto del padre, inaugurato dallo stesso Aldo Moro nel 1961 e, ancora, presso la parrocchia Santa Maria del Rosario, in piazza Garibaldi, frequentata dallo statista dal 1934 al 1946, quando fu eletto deputato dell’Assemblea Costituente.

Ufficio stampa Comune di Bari

redazione

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