Spettacolo «cult», per il quale una critica entusiasta ha rinviato a Pinter e Fassbinder, «Bar» di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, i Premi Ubu già da tempo consacrati esponenti di spicco della «nuova drammaturgia italiana», va in scena al Teatro van Westerhout di Mola di Bari, sabato 13 gennaio (ore 21), per la Stagione 2017-2018 della Compagnia Diaghilev.
Siciliani, si esprimono con un grammelot messinese, ma comprensibile a chiunque. E del Sud, dei suoi fallimenti umani, parla questa pièce tragicomica, con giallo finale, per la regia di Valerio Binasco. Scritta da Scimone, e con Sframeli interpretata sulle scene essenziali di Titina Maselli, «Bar» propone il dialogo tra una coppia di creature marginali che, nel retrobottega di un bar, per l’appunto, indagano sulle rispettive vite. I protagonisti sono Nino, un barman troppo ingenuo, e Petru, un disoccupato incline alla menzogna. Finiscono entrambi coinvolti nella spirale del gioco d’azzardo, con finale violento. Accade tutto in quattro giorni. E sono giornate cruciali nella vita di questi due uomini, che hanno scelto un luogo pubblico per nascondersi al resto del mondo, ciascuno con motivazioni diverse, ignorando quasi tutto dell’altro, del mondo, e perfino di sé.
Ma in questo bar si vede e si vive soltanto il retro. Meglio ancora, un muro, contro il quale i due uomini sembrano schiacciati insieme ai pochi oggetti presenti, il bidone della spazzatura e qualche cassa di bibite, una radio portatile. Fissati al loro destino di perdenti, in attesa della svolta che non arriva mai, che forse arriverà domani, anzi, di sicuro. Per l’uno è il sogno di preparare gli aperitivi in un locale dove si suona musica americana, un posto di classe e non questo bar di periferia. Per l’altro quello di un lavoro stabile, che rimedi a quel suo vivere d’espedienti. Ma il barista Nino deve intanto fare i conti con la convivenza di una madre oppressiva, che a ogni compleanno gli regala una sgargiante giacca da lavoro di un colore diverso. E il disoccupato Petru con un boss locale che lo taglieggia con pretese di doni, vuole anche l’orologio e gli ori di famiglia, e pretende tangenti sullo stipendio futuro.
In cima al muro si apre una finestra. Arrampicandosi su una scala è possibile osservare quel che accade di là, il mondo indecifrabile e ostile che sta all’esterno. Il mondo dei due è di qua, in questo retrobottega della vita. Di qua soltanto sembra conservarsi una possibilità di sopravvivere, nella soppressione dell’azione che invece ha uno sviluppo violento al di fuori. Più che la vicenda che arriva come un’eco, conta del resto la situazione che si realizza sulla scena, il rapporto fra due umanità straniere l’una all’altra, che si scoprono capaci di solidarietà.
Info e prenotazioni 333.1260425.
redazione