Tre diverse generazioni di attori e autori nati o cresciuti o formatisi attorno al Kismet si ritroveranno il prossimo fine settimana sul palco dell’Opificio per le Arti, in occasione della seconda sezione del Focus Puglia dedicato alla produzione del nostro territorio.
Carlo Formigoni, Roberto Corradino e Lello Tedeschi saranno quindi i protagonisti del prossimo week end con tre differenti spettacoli.
Venerdì 3 marzo alle 21.00 il Teatro dell’Altopiano presenta A casa,per la regia di Carlo Formigoni, con Angelica Schiavone, renza De Cesare e Antonella Colucci. Lo spettacolo nasce dal testo di Donatella Caprioglio, psicoterapeuta dell’infanzia che qui mira a indagare la psiche umana e nello specifico quella femminile, suddividendo la personalità in più individualità contrapposte, per poter giungere, attraverso lo scontro, all’accettazione finalmente pacificata di se stessi.
Sabato 4 marzo alle 21.00 Roberto Corradino propone SKÀUSCHÊ (il film di Michele), titolo preso da un termine del dialetto murgiano che significa scheggia, bruscolo, pagliuzza, cosa da niente nullità. SKÀUSCHÊ è la storia di un ragazzo “in affitto” condannato, da un costume secolare, a fare il pastore. È la storia di una lingua che si estingue, di una terra che viene rivoltata, di una pietra che non suona più. “È l’ultimo ululato alla vita un “cane di jazzo”, i cani dei pastori murgiani” spiega Corradino. “Perché quando si muore, si muore in dialetto. Ed è un film, che vorrò fare. Per la memoria di M.C. Dove Emme sta per Miseria e Ci per Cosìvailmondo. SKÀUSCHÊ è tratto da una storia vera della metà degli anni ’70 , attorno allo scandalo della “tratta dei calzoni corti”, il mercato secolare di affitto e compravendita dei ragazzini condannati destinati a fare i pastori sulla Murgia”.
Infine domenica 5 marzo alle 21.00 la compagnia CasaTeatro presenta L’agnello di Dio su drammaturgia e regia di Lello Tedeschi, da un’idea di Piera Del Giudice, in scena con Noemi Alice Ricco. Qui troviamo una donna sulle tracce di Dio e il suo goffo tentativo di “togliersi di mezzo” per sempre, in uno scenario di grottesca desolazione beckettiana. Un tentativo ridicolo, eppure incombente e possibile. Spiegano le note di regia: “in una stanza, sospesa tra allucinazione e realtà, la solitudine si rivela assoluta e la vita che resta prende forma tra ricordi, apparizioni, possessioni teatrali. La domanda resta, sacra e misteriosa. Come una litania. Come una preghiera. Come volti di Dio che giocano a nascondino.
Le resta il teatro, che forse voleva fare l’attrice. E gli echi di personaggi di Shakespeare e Beckett, o le scritture sacre dell’ora di religione, o le poesie, le preghierine. Le restano quei rituali senza importanza depositati nella memoria di ragazza di una provincia del Sud. Spiritualità svuotata e superstiziosa, litanie, preghiere, candele votive, con il relativo corollario di severe e rozze maestre di catechismo, dove la vittoria del Destino è l’unica lacerante consolazione. Dove la sola risposta è guardare i corpi cari, i corpi fermi che li chiami e non ti rispondono più.
Qualcosa le dice che dovrebbe scendere a patti, cedere, che c’è qualcuno che veglia, un sentimento delle cose, una distesa di acqua beata che l’aspetta, che aspetta tutti, tutti quelli che ha amato, meglio di qui, meglio della carne spezzata di qui, della carne debole schiacciata sotto le pietre, dei corpi a terra, delle ossa rotte, dei pezzi di parole che restano e non significano niente. E allora che fare, cedere? Lasciarsi accomodare tra le braccia luminose di questa consolazione? “Dio è amore…dolci misericordie…diverse…diverse ogni mattina…””.
Info 0805797667; 3358052211; www.teatridibari.it
di Antonio Carbonara