La multidisciplinarietà culturale è il focus del nuovo weekend di Time Zones, che venerdì 8 e sabato 9 ottobre presenterà delle performance trasversali che uniscono musica, teatro e grande letteratura. Si parte venerdì al Teatro Kismet con la trasposizione in scena di “Il Dio delle Piccole Cose” della scrittrice indiana Arundhati Roy, un testo che è stato accostato a “Cent’anni di solitudine” sicuramente perché si respira un’atmosfera da “realismo magico”.
La direzione artistica di Time Zones e la sperimentata sensibilità scenica di Teresa Ludovico hanno immaginato una “narrazione scenica” dove fosse possibile rinvenire l’incanto che il testo genera ed irradia nella lettura. Alle mani di un gruppo di musicisti agglomeratosi intorno al progetto, sul canovaccio musicale composto da Nicoletta Campobasso e Domenico Monaco con le immagini di un navigato e sensibile manipolatore come Pit Campanella, il compito di completare l’andamento sognante di questa favola. In scena la musica e le immagini avvolgeranno la recitazione di Teresa Ludovico senza particolari esotismi cercando di condurre il pubblico nel cuore di questa immensa signora della parola che risponde al nome di Arundhati Roy.
Gabo ci aveva aperto con tutti i suoi libri uno squarcio su una fetta di umanità a noi sconosciuta, ma Arundhati Roy ci ha costretti a strappare il velo esotico che da sempre avvolge l’India. Caso letterario importante dello scorso millennio, ha rivelato al mondo una nuova autrice e con lei un’intera generazione di scrittori indiani. “Il Dio delle piccole cose” riesce a conservare intatto lo stupore di fronte alle cose della vita, mettendo a fuoco nello stesso tempo le ferite che l’umanità porta con sé. Quel velo esotico ammantato di spiritualismo che avvolge questa millenaria cultura e che qui resta intrappolato nelle anse del globalismo inesorabilmente marciante. In ragione di ciò, quello che sembra apparire come un punto di vista precisamente geolocalizzato, diviene uno sguardo universale che finisce per riguardare direttamente anche noi. Nel “Dio delle piccole cose” l’andamento poetico trasforma questo sguardo in una favola, a volte dura come sono del resto tutte le favole, ma ammaliante come un sentimento. È la storia di un grande amore e dell’eterno conflitto tra sentimenti e convenzioni, attraverso gli occhi di due bambini, capaci di cogliere le piccole cose e i piccoli eventi al di là di ogni distinzione sociale e morale. Nei loro pensieri e nelle loro parole, espresse in una lingua che deforma l’inglese degli ex dominatori, risuona la critica più radicale a ogni legge che stabilisca chi si deve amare, e come, e in che quantità.
Nella stessa serata salirà anche sul palco Rojin Sharafi, una compositrice di musica acustica ed elettroacustica. La sua musica attraversa i confini del folk, l’ambient, il metal e le produzioni più contemporanee. Ha lavorato a diversi progetti di arte multimediale e ha collaborato con diversi musicisti, registi, videoartisti e performer.
Sabato 9 ottobre, sempre al Kismet, si parte invece con Fågelle, il progetto musicale dietro il quale si muove Klara Andersson, giovane cantautrice e polistrumentista di Gothenburg, che presenterà il suo album di debutto “Helvetesdagar” uscito per Bengans Records e prodotto in collaborazione con Henryk Lipp (Anna von Hausswolff, Millencolin). “Helvetesdagar” è un’esperienza sonora avvolgente che attraverso l’uso di chitarre, campioni, sintetizzatori e il cantato in svedese di Klara ci racconta il presente e le sue contraddizioni a cavallo tra melodie pop, contaminazioni noise e sound art. Un album inquieto e caotico, dolce e pensoso che ricorda lontanamente certe sonorità care a Bjork e Sigur Ròs e che giustamente è stato descritto dalla critica come un “morbido pugno in faccia”.
Sempre sabato arriva anche T. Gowdy, produttore canadese, performer audio/visivo e sound artist. Ha suonato dal vivo in tutto il Nord America e in Europa, ma anche a MUTEK (Montreal, Barcellona), Pico Union Project (L.A.) e Spektrum (Berlino). Dopo aver studiato musica corale e chitarra classica, Gowdy ha proseguito gli studi universitari in registrazione del suono. Negli ultimi 12 anni ha accumulato credits di produzione e ingegneria su oltre 60 album. Dal 2017 T. Gowdy ha pubblicato tre dischi da solista: B-Stock (2018), Vitrify Kate (Liberation Through Hearing, 2018) e Pachira Aquatica, pubblicati a livello internazionale con Shimmering Moods (2019). Come artista del suono, Gowdy è stato Data Salon XXXIII Artist in Residence (2019) di Eastern Bloc. Sulla mitica Constellation records ha pubblicato l’EP “Therapy With Colour”.
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